mercoledì 23 febbraio 2011

ONU : La "Green economy" è la ricetta anticrisi


Presentato il 21 febbraio a Nairobi in Kenya, il nuovo Rapporto sulla Green Economy del Programma ONU per l’Ambiente (UNEP), affronta in oltre 600 pagine il tema dell’”economia verde”, individuandone le potenzialità di sviluppo economico a livello planetario. Con investimenti precisi è possibile garantrire occupazione, minori emissioni di CO2 e contrastare la povertà.

L’ordine degli investimenti del settore privato è del due per cento del PIL mondiale sino al 2050, da destinare, o meglio riconvertire in dieci settori chiave: agricoltura; edilizia; energia; pesca; foreste; industria; turismo; trasporti; gestione di acqua e rifiuti, la stesa cifra che oggi interessa i sussidi destinati allo sfruttamento di  carburanti fossili, alla pesca e all’agricoltura non sostenibili, con tutti i danni ambientali, sociali e geo-politici, che la cronaca ogni giorno racconta sempre più.

Secondo i dati attuali, il 2% del Pil di tutti i paesi del mondo corrisponde a circa 1300 miliardi di dollari. Se si investisse questo denaro nei dieci settori individuati, sostenendo a livello nazionale e internazionale “politiche verdi”, si potrebbe ad esempio investire circa l'1,25% del Pil globale ogni anno nell'efficienza energetica e nelle fonti rinnovabili, tagliando la domanda di energia del 9% nel 2020 e quasi del 40% entro il 2050.
 
Una crescita economica quindi allo stesso livello, ma con meno rischi di carestie e di carenze di risorse e con un aumento del benessere individuale per i più poveri. 

Il rapporto cita due casi emblematici l’India e d il sud est asiatico come modello, nel primo caso circa l’80% degli investimenti del Piano di Sviluppo Rurale, sono stati utilizzati per pagare i lavoratori impiegati nelle opere di conservazione dell'acqua, irrigazione e sviluppo del territorio, generando ricadute economiche di cui hanno beneficiato circa 60 milioni di famiglie. 

Nel secondo caso basta pensare come attualmente il 2% combinato del PIL di Cambogia, Indonesia, Filippine e Vietnam è utilizzato per curare le malattie trasmesse dall'acqua a causa di strutture igienico-sanitarie inadeguate. 

Un reinvestimento della stessa quota in opere di miglioramento delle strutture, porterebbe oltre che al risanamento anche a ridurre la domanda di acqua dolce.
 
Dati e analisi che forse dovrebbero fare riflettere ognuno di noi, perchè ridurre di un terzo le emissioni di gas serra, creare nuovi posti di lavoro e risolvere la crisi energetica attuale, è possibile senza inseguire per forza modelli di sviluppo, che della sostenibilità non "vogliono sentire parlare".


Approfondimenti
Fonte: ANSA, Image

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