Il 2016 è
l'anno record per l'incremento della temperatura e nell'Artico la situazione è
drammatica. Tuttavia l’impegno climatico inizia a dare dei risultati, tanto che
le emissioni negli ultimi tre anni si sono stabilizzate, anche con una crescita
annua del Pil del 3%. Quali le variabili in gioco?
di Gianni
Silvestrini *
Il 2016, anno record con una temperatura di 1,4
°C sopra la media del secolo scorso, si chiude con sbalzi termici
decisamente anomali. Al Polo Nord a novembre si sono registrati valori
mensili di 10 °C superiori rispetto alla media e a Natale in
alcune parti dell’Artico si raggiungeranno valori di 20 °C oltre la norma.
A fronte di questi segnali preoccupanti, l’impegno climatico inizia a dare risultati interessanti e, per molti osservatori, imprevedibili. L’Accordo di Parigi, ratificato a tempo di record, ha resistito alla nomina di Trump e sta comportando un’accelerazione delle politiche di molti paesi. Ma non del nostro …
Un dato evidenzia con chiarezza i cambiamenti in atto.
Le emissioni mondiali di CO2, che tra il 1990 e il 2014 erano
cresciute del 63%, negli ultimi tre anni si sono stabilizzate, malgrado
una crescita annua del Pil del 3% (vedi nel grafico l'andamento delle emissioni
antropiche di CO2 su scala mondiale - Fonte: Global Carbon Project).
Il merito di questo disaccoppiamento va ai due
paesi principali emettitori: la Cina, che ha registrato una riduzione
delle emissioni dello 0,7% nel 2015 e dello 0,5% nel 2016, e gli Usa con
un calo del 2,6% nel 2015 e dell’1,7% quest’anno. Il paese posizionato al terzo
posto per le emissioni, l’India, vive invece ancora una fase di rapida
crescita della CO2 (+5,2% nel 2015). Ma anche in questo paese, che
ha ormai raggiunto la Cina per numero di abitanti, le cose stanno cambiando. Nel
piano energetico indiano pubblicato questa settimana
si sono alzati notevolmente gli obiettivi delle fonti rinnovabili: la potenza
installata potrebbe infatti raggiungere nel 2027 il 54% del totale, un valore
molto più elevato rispetto a quanto annunciato solo un anno fa a Parigi.
Dopo il 2022, inoltre, verrebbe bloccata la costruzione di nuove centrali a
carbone.
Lo stallo delle emissioni mondiali è strettamente
connesso con il calo dei consumi di carbone e con il continuo boom
delle rinnovabili. Le prime stime globale del 2016 sull’eolico
indicano una nuova potenza di 60 GW che si somma ai 433 GW installati a
fine 2015. Ancora più brillante la situazione del fotovoltaico che, con
una potenza di 77 GW, registra una crescita del 34% sui valori del 2015.
La riduzione dei prezzi e l’irruzione del digitale non farà che
accelerare la “valanga rinnovabile” nei prossimi anni, con un baricentro
destinato ad allontanarsi sempre più dai paesi industrializzati e con il
rafforzamento del dominio cinese. Una centralità che il gigante asiatico ha
rapidamente conquistato anche su molti altri fronti, come su quello della mobilità
elettrica, con 650.000 autoveicoli su strada a fine anno, contro i 630.000
della UE e i 560.000 degli Usa. La Cina, pur con tutte le sue contraddizioni,
si sta dunque accreditando sempre più come leader della battaglia climatica.
Bisognerà capire se, con la fine della presidenza Obama e l’inevitabile
abbandono dell’alleanza con la Cina, l’Europa riuscirà a sostituire gli Usa
nella coppia di punta della transizione energetica. Dopo la tornata delle
elezioni del 2017 si capirà se la UE saprà mantenere la barra dritta.
Tornando ad osservare la scena mondiale, si potrebbe
pensare alla luce delle rapide evoluzioni in atto che il picco delle
emissioni sia già stato raggiunto. Un dato che consentirebbe di rispettare
l’obiettivo dei 2 °C. Ma la situazione è ancora incerta, anche in vista
della presidenza Trump. Non tanto perché questa possa rallentare la
crescita delle rinnovabili, ma per l’accelerazione sul fronte dei fossili
che determinerà una riduzione dei prezzi di gas e petrolio (sul carbone il
neopresidente Usa vedrà invece la sua prima sconfitta) e per l’allontanamento
dell’adozione di una carbon tax. Dovremo verificare l’andamento dei prossimi
3-5 anni per capire se quello attuale è uno stallo momentaneo cui seguirà un
incremento delle emissioni o se effettivamente si è raggiunto un tetto cui
seguirà una riduzione della CO2 emessa.
* da www.qualenergia.it , 23 dicembre 2016