mercoledì 16 marzo 2011

Il fotovoltaico può costituire un’alternativa al nucleare e ai combustibili fossili?


Politica energetica in Italia

di Ennio Cadum

L’Italia produce oggi tramite energie rinnovabili (idroelettrico, geotermico, eolico, solare) il 20% delle sue necessità elettriche, e tramite combustibili fossili (gas, gasolio, carbone) il 67%. Il restante 13% è importato dall’estero.
Le necessità istantanee o di picco sono comprese tra 30 e 50 GWh (gigawatt/ora ) secondo dati ufficiali 2009.
Sarebbe possibile  provvedere al fabbisogno energetico nazionale  con energie solari rinnovabili ?
Molti esprimono non solo dubbi, ma aperta contrarietà sull’impossibilità del fotovoltaico a fornire le grandi necessità di energia elettrica delle industrie.

Proviamo a fare due calcoli.
L’80% dei 50 GWh di picco, prodotti con fonti fossili o di importazione, corrispondono ad un fabbisogno di 40 GWh. Di quanti pannelli fotovoltaici avremmo bisogno per produrre questa quota?
Un pannello solare fotovoltaico ha una potenza media di picco di 100 Wh per metro quadro. Per produrre 40 GWh sarebbero quindi necessari 400 Kmq di pannelli. Corrispondono all’estensione di una metropoli pari a Milano, cioè ad un’estensione compatibile con l’estensione del territorio nazionale (300.000 Kmq), di cui rappresenta un po’ meno di 1/1000. Per fare un altro esempio, dati i 21.700.000 stabili censiti in Italia, vorrebbe dire che si potrebbero produrre installando una media di circa 18,4 mq di pannelli fotovoltaici su ogni stabile.

Ovviamente ci sono edifici, quali capannoni, grandi impianti industriali, supermercati, scuole, tettoie agricole, dove la superficie disponibile è molto più ampia degli edifici residenziali e permetterebbe di preservare dal fotovoltaico alcune aree quali centri storici, dove l’installazione potrebbe essere controindicata per ragioni estetiche. Senza contare che vi sono vaste aree prossime ai bordi di strade, autostrade, ferrovie, dove l’installazione, come in alcuni Paesi europei (Germania, Olanda) è facile e consigliata, senza consumo di terreni coltivabili.

Se consideriamo che in Italia circa 500 kmq di nuovo territorio agricolo sono consumati ogni anno per nuove opere di urbanizzazione (comprendenti asfaltatura, costruzione edifici commerciali ed industriali o residenziali) l’operazione sembra presentare le caratteristiche di possibile fattibilità.
Il vero problema pare essere il costo dell’investimento: 400 kmq di pannelli fotovoltaici ad un costo medio commerciale attuale (per il privato) di 700 Euro/mq corrispondono a 280 miliardi di euro di spesa. Il programma nucleare del governo prevede la costruzione di 13 centrali nucleari da 2000 Mwh (2000 Mwh corrispondono a 2Gwh) per una spesa totale di 35 miliardi di euro. Tralascio ogni considerazione sul costo vero del nucleare, dato che le stime del governo non comprendono i costi dello smaltimento delle scorie e del decommissioning a fine vita dell’impianto, e sulla correttezza di queste previsioni, che non considerano le variazioni dei costi in corso d’opera, che portano ad aumenti dell’ordine del 50-100% della spesa preventivata. Evidentemente occorrerebbe diminuire il costo per mq di fotovoltaico installato per ridurre il gap .
La prospettiva tuttavia comporta alcune ricadute molto interessanti: gli italiani stessi sarebbero i produttori di energia del Paese, al posto di poche aziende, il che porterebbe alla nascita di un rivoluzionario azionariato popolare diffuso al posto del monopolio energetico di poche grandi aziende.
Lo sviluppo tecnologico e le necessità capillari di installazione comporterebbero da una parte la disponibilità di almeno 200.000 nuovi posti di lavoro per la produzione dei pannelli e per la loro installazione per un periodo almeno ventennale, dall’altra una spinta enorme alla ricerca tecnologica (sia nella maggiore efficienza per mq, sia nella riduzione del costo per mq grazie a nuovi materiali) che probabilmente porterebbe l’Italia al primo posto nel mondo nelle nuove tecnologie e sistemi di gestione energetici. Occorrerebbe creare infatti nuove aziende di gestione delle reti energetiche capillari sul territorio, con sviluppo di sistemi tecnologici di controllo della fornitura e con evidenti necessità di personale deputato al funzionamento delle stesse.

Il nucleare porterebbe invece alla crescita di poche aziende, senza contare che buona parte delle spese sarebbero a favore di aziende e tecnici stranieri, senza ricadute sostanziali né economiche né tecnologiche sulle aziende italiane, a parte i cementifici e poche grandi aziende produttrici di altri materiali da costruzione.

È un invito alla riflessione (ed anche al controllo di alcuni dei numeri forniti e alla fattibilità tecnica di erogazione del fabbisogno con questa soluzione).
Sicuramente occorrerebbe costruire, dove possibile, anche centrali solari a concentrazione ( suggerite da Rubbia ) molto più economiche per costo di Kwh prodotto, per fornire punti di erogazione di maggiore potenza e a sviluppare un’integrazione con la produzione idroelettrica, sempre per fronteggiare le necessità di picco in condizioni di scarso irraggiamento solare.
Oltre a sfruttare di più le potenzialità ancora disponibili per l’eolico, il geotermico e l’idroelettrico residuo.
L’indipendenza dai combustibili fossili di importazione, con conseguente enorme risparmio nella bolletta energetica nazionale verso i Paesi produttori, migliorerebbe infine in maniera rilevante il bilancio dello Stato. A questo va aggiunta anche la possibilità di esportare tecnologia e know-how con un ulteriore miglioramento del bilancio economico nazionale.

Unico svantaggio: i grandi gruppi industriali e la grande finanza sono contrari, perché i vantaggi economici sarebbero di moltissime aziende e non limitate a loro e a quelle monopolistiche che condizionano le scelte politiche attuali del governo.
Possiamo solo sperare che l’idea venga condivisa e approfondita da tutte le forze di opposizione e che queste vincano le prossime elezioni.

15 marzo 2011

2 commenti:

  1. ci sono alcuni errori di unità di misura che rendono la presentazione impresentabile

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  2. Ci sono alcuni errori nelle unità di misura che lorendono impresentabile

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