- terza parte: Movimento 2050 o altri protagonisti:
L’alternativa è ecologista e solidale e non sta né a destra né a sinistra.
di Massimo Marino
All’inizio degli anni ’80, provenendo dalla galassia
radicale del ’68, il mio impegno si rivolse con grande intensità alla fase
nascente dei movimenti ambientalisti, dedicato in particolare alla battaglia
contro il nucleare. Come tanti trovai naturale l’impegno nelle nascenti Liste Verdi
che presto diventarono un movimento politico nazionale con l’adesione di
centinaia di gruppi da tutte le regioni italiane (Finale Ligure - 16 novembre
1986, Cinema Ondina). Esattamente un anno dopo con il voto di 30 milioni di
italiani tre referendum decisero l’abbandono di fatto dello sviluppo del
nucleare in Italia. Pochi ricordano che le prime bozze del primo Piano
Energetico Nazionale prevedevano per l’Italia la opzione nucleare con ben 61
impianti da costruire.
Negli anni successivi la nascente Federazione dei
Verdi indicò fra i propri impegni basilari quattro punti di rilievo:
1)
Il dissenso verso il finanziamento pubblico dei
partiti a cui si rispose all’inizio decidendo un uso prevalente delle proprie risorse
per “progetti sociali e ambientali” invece della fruizione interna alla
Federazione.
2)
Il dissenso verso il professionismo politico limitando
a due mandati la possibilità di elezione, comprese ipotesi di rotazione a metà
mandato, l’assenza di capilista con qualche eccezione e l’ordine alfabetico per
mettere tutti alla pari. Naturalmente avvenne che non tutti ruotavano e che nei
primi anni quasi tutti gli eletti in Comuni, Regioni e ove erano possibili le
preferenze, avevano il cognome che iniziava con una A o una B.
3)
Fin dall’inizio i Verdi sostennero che l’ambientalismo non
era né di destra né di sinistra. Alex Langer, probabilmente il più
significativo leader che l’ambientalismo ha avuto nell’occidente europeo, in
più occasioni aveva sostenuto che i verdi sono rivoluzionari e progressisti per
certi aspetti e conservatori e moderati per altri. Mai estremisti o
massimalisti ne nazionalisti o reazionari, sempre pacifisti, non violenti e
dialoganti. Nel suo impegno nel Parlamento Europeo si distinse per la volontà
di dialogare con tutti senza preclusioni ma tenendo sempre ben fermo il proprio
punto di vista e la propria autonomia culturale. Quando a metà degli anni ‘90
scomparve prematuramente togliendosi la vita, la crisi dei verdi assunse un ritmo
più veloce.
4)
Il dissenso verso la nomina di ristretti vertici o di un
unico capo politico fu risolto con la elezione annuale di undici coordinatori
nazionali eletti nelle assemblee nazionali (di fatto dei congressi). Erano
espressione di mozioni differenti presentate da gruppi di delegati provenienti dalle
assemblee regionali. Venni eletto fra gli undici coordinatori e per un anno
massacrante mi dedicai, oltre che alla nascita di nuovi gruppi nei principali
comuni del Piemonte che arrivarono a circa 60, all’ incarico datomi di ricucire
rotture e tensioni fra i verdi diffuse in varie realtà locali di diverse Regioni.
Nei primi anni il successo dei Verdi sembrava inarrestabile e nuove adesioni
arrivavano da tutte le direzioni, compresi ex appartenenti ad altri partiti.
L’altro incarico datomi fu quello di ricucire i rapporti con le principali
associazioni ambientaliste nazionali (Lega Ambiente, WWF, Italia Nostra..) che
erano pessimi. Per alcuni mesi il confronto, in lunghe riunioni domenicali,
sembrò proficuo, arrivando ad una bozza di intenti comuni che però non ebbe
seguito. Quando si rinnovarono i coordinatori l’anno dopo, con sorpresa di
molti, non venni rieletto: primo degli esclusi. Rammendare le fratture non fa
molti amici alla fine. Successivamente nel 1990 venni eletto nel consiglio regionale
del Piemonte, diventando poi assessore all’ambiente, ma nel frattempo dopo
quasi dieci anni di impegno il mio entusiasmo per i Verdi, la cui autonomia e
visione politica si affievolivano, era al termine.
Nella prima partecipazione alle elezioni politiche del
1987 i verdi ottennero alla Camera il 2,5% con 13 eletti di cui 7 donne. Alle
elezioni europee del 1989 si ebbe il massimo risultato della loro storia
con il 3,9% e tre eletti (Alex Langer, Gianfranco Amendola, Enrico Falqui).
Un'altra lista appena nata (i Verdi Arcobaleno), costituita perlopiù da
esponenti di provenienza radicale e demoproletaria, ottenne il 2,4% e due
eletti (Adelaide Aglietta e Virginio Bettini).
Nel dicembre del 1990, con grandi tensioni e dissidenze interne, le due
aggregazioni, con un accordo malriuscito si unirono, mantenendo in gran parte
il simbolo del sole che ride. Ma la fase virtuosa dei primi anni sembrava già in
calo. Gli impegni originari vengono progressivamente abbandonati. Di fatto si
abolisce la regola dei due mandati, si accede al finanziamento pubblico, i
coordinatori sono sostituiti da un “capo politico” detto Portavoce e più tardi Presidente.
Il primo è Ripa di Meana nel marzo 1993, ex socialista che poco c’entra con la
storia dei Verdi, il secondo nel novembre 1996 l’indipendente di sinistra Luigi
Manconi, del tutto inadatto al ruolo, che si dimette presto dopo il disastroso
risultato delle elezioni europee del 1999 con l’1,8%, poi aderirà al PD). Nel
1994, a meno di 10 anni dal loro esordio, la vicenda dei verdi sembra già
conclusa. Determinante l’introduzione del sistema maggioritario (grazie a
Pannella e Segni ma soprattutto ai due partiti principali in crisi DC e PDS che
costringono gli altri alle coalizioni pre-voto). Già nel 1990 i tre referendum
promossi dai verdi, su caccia e pesticidi, privi di una sufficiente
aggregazione sociale che li sostenesse, non raggiungono il quorum. Nel 1992
alle politiche i verdi ottengono alla Camera il 2,8%, nel ’94 il 2,7%. L’Alleanza
dei Progressisti (PDS, Rifondazione, La Rete, Alleanza Democratica e Verdi)
viene divorata dal sistema maggioritario che segna il trionfo del centrodestra
di Silvio Berlusconi. Come spesso avviene in Italia i partiti si dissolvono ma
non muoiono. I verdi sopravvivono, ai margini della scena, ma ottenendo anche
qualche ministro nei governi “ulivisti” di centrosinistra. Qualcuno fra gli
esponenti più noti in quanto parlamentari comincia a migrare verso altri
partiti, perlopiù verso l’attuale PD, ma tranne pochissimi che si garantiscono
un qualche futuro politico personale, spariranno in pochi anni. In più la
evidente crisi dell’ambientalismo politico, che sembrava prima inarrestabile,
li rende meno appetibili. Addirittura, si assiste al fenomeno opposto. Evapora
il supposto peso elettorale dei pochi “ambientalisti” (provenienti da
Legambiente) presenti nel PD, che non trovano più spazi nelle liste e
fuoriescono dal partito, alcuni formando un piccolissimo gruppo ancora
esistente (Green Italia) che non riesce neppure ad unirsi con l’altro partitino
dei Verdi dopo 15 anni almeno. Insomma in pochi anni le trasformazioni interne
( l’abrogazione totale dei due mandati, il capo politico, il finanziamento
pubblico assolto e accolto, la rinuncia all’autonomia e la trasformazione in
cespuglietto ulivista del centrosinistra, catalizzatori anche di qualche
aspetto di narcisismo individuale e di trasformismo ) e quelle esterne (
l’imposizione del maggioritario, le conseguenti coalizioni pre-voto,
l’occupazione totale del sistema dei media dopo Mani Pulite), hanno azzerato non solo la vecchia sinistra
radicale ma anche gli ecologisti che si sforzavano all’inizio di mantenere la
loro identità di difensori dell’ambiente e del pianeta pur se assenti su molti
altri temi.
Qualcuno penserà: ma che c’entra questo bignamino
sulla vita e morte dei verdi italiani con i problemi di oggi dell’alternativa che
potrebbe esserci ma non c’è?
C’entra eccome. Intanto è impressionante la somiglianza
fra le aspirazioni della fase nascente degli ambientalisti degli anni ’80 e di
quella dei grillini di 30 anni dopo. Somiglianza in obiettivi ed impostazioni,
nella difficoltà a mantenere coerenza con l’impostazione originaria, nei nodi
che sembrano irrisolvibili ed anche nei clamorosi errori e nell’ incapacità di
impedire di essere mangiati in pochi anni dalle sirene seducenti di un sistema
politico in realtà boccheggiante e privo di qualunque volontà di innovazione riformatrice
della società italiana. Difficoltà e nodi, in parte comuni anche ai gruppi di
alternativa della sinistra, la cui mancata soluzione e gestione hanno portato e
possono portare all’irrilevanza. La loro soluzione virtuosa a mio parere è la
chiave per permettere una reale alternativa. Affronto perciò qui alcuni temi
che mi sembrano irrinunciabili e decisivi.
1)
Non si possono mantenere equivoci sul sistema elettorale,
questione che ha scarso appeal e difficile comprensione per molti, ma grandi
effetti sul sistema politico, quindi sulla società, ed anche una forte valenza
etica. Di solito, con grande confusione, si parla di due diversi possibili modi
di garantire la rappresentanza delegata: maggioritario e proporzionale. È mia
opinione che pur esistendo numerosi sistemi di voto di tipo maggioritario
(collegi uninominali, premi al vincitore o alle coalizioni pre-voto, doppio
turno per due o più concorrenti più votati, listino pre-voto per chi vince,
quota di seggi predefiniti o variabili) tutti hanno in comune una distorsione
del voto che impedisce la rappresentanza di una parte dei voti espressi e la
capovolge a favore di altri che spesso rappresentano esattamente il contrario. In
Italia si è arrivati anche a 4-5 milioni di voti negati e riassegnati ad altri. In pratica il tuo voto viene cancellato e
viene attribuito ad un altro (la differenza fa 2!). Il maggioritario è
sostenuto sempre da chi vuole garantire la stabilità di un sistema e impedire
qualunque cambiamento se non è circoscritto ai pochi (in genere due con al
massimo vari gregari subalterni) che si mettono d’accordo per truccare il
gioco. E’ giustificato con varie argomentazioni, una più strampalata
dell’altra, che abbiamo tante volte sentito: garantire la governabilità, sapere
la sera del voto chi ha vinto (!), impedire la frammentazione (!!) etc... In
Italia esistono, in particolare dal 1994, almeno otto sistemi elettorali
diversi (per Municipi e Circoscrizioni comunali, Comuni grandi e Comuni
piccoli, Provincie, Regioni, Camera, Senato; tutti diversi fra loro ma con una
componente di tipo maggioritario che rende incomprensibile per il 99%
degli elettori quali possono essere le conseguenze del suo voto (da qualche
anno ogni Regione ha la sciagurata facoltà di modificare in parte il proprio
sistema elettorale). Sono così fioriti l’Italicum, il Porcellum, Il Rosatellum,
l’elezione diretta dei Sindaci con possibile ballottaggio e quella diretta dei
presidenti di Regione. Con centinaia di sigle e listarelle, spesso inventate a
supporto del gioco bipolare, di cui gli elettori neppure conoscono la
consistenza, che quasi sempre non eleggono nessuno. Fa eccezione il sistema
alle Europee, un proporzionale come per tutti gli altri paesi, da noi con
cinque grandi collegi, le preferenze assenti in altri casi (questione
irrilevante che viene di solito ingigantita) e un quorum al 4%.
Sul proporzionale invece, a parte la disinformazione,
esiste qualche problemino da capire bene. I media parlano di proporzionale
puro ma non spiegano quale intendono. Non capisco se lo fanno apposta o si
tratti di semplice superficialità. Quello puro andrebbe inteso senza quorum o con
quorum bassissimo. Apparentemente è sostenuto solo da alcuni leaderini di piccoli
partiti per due motivi: tirare a campare prendendo all’infinito l’1-2% e come
alleati, pur se di peso limitato, dei partiti maggiori; qualcosina si ottiene
sempre. Quello che invece fa paura è un proporzionale serio, regolato con un
quorum significativo, in genere il 5%, per due ragioni; spazza via i
cespuglietti dei due poli che scomparirebbero rapidamente con i loro piccoli
leader, impone aggregazioni serie fra i tanti gruppi con punti comuni, oggi restii
a fare politica insieme. Sono convinto che in Italia si risolverebbe quella
singolare anomalia del presente per cui di fatto non esistono con un qualche
peso né una sinistra radicale che si esercita da venti anni nel dividersi in
frammenti innumerevoli, né una forza ecologista che sarebbe fondamentale, da tempo
preclusa dall’ostruzionismo dei leaderini verdi che con discrezione operano per
mantenere le tematiche ambientali nella loro piccola nicchia irrilevante.
Il proporzionale con quorum al 5% eliminerebbe la
frammentazione e farebbe crescere rapidamente sia una nuova sinistra radicale matura sia anche un
soggetto ecologista di rilievo. Due protagonisti di cui l’Italia e
l’alternativa avrebbero bisogno anche se non sono risolutivi da soli per un
cambiamento del sistema politico. Così è avvenuto negli anni ’80 in Germania
dove molte decine di gruppi di alternativa, dopo un duro scontro sociale durato
anni (contro il nucleare, la precarietà sociale e abitativa e la qualità della
vita nelle grandi città) hanno ad un certo punto deciso di darsi un'unica
rappresentanza, unendosi anche con forze della ex Germania est. E’ nata così un'unica
aggregazione politica, i Grünen, che in pochi anni è
entrata in Parlamento ( Alleanza’90/IVerdi ) e nei Lander. Oggi governa anche
grandi città come protagonista egemone. Nel corso degli anni ’90 fino ad oggi i
Grünen sono diventati stabilmente uno dei 3-4 soggetti politici più importanti
del paese. Il sistema elettorale tedesco, proporzionale con la soglia del 5%, rispettoso
della rappresentanza e della stabilità è a mio parere quello più
funzionante del mondo.
2)
La conversione del movimento grillino nel nuovo Movimento
2050 di Conte e i suoi risultati dipenderanno inevitabilmente dalla
collocazione che si darà nel sistema politico. Se si legge il quadro politico di riferimento
esclusivamente come un foglio piatto dove esiste una destra e una sinistra, la
vicenda di Conte è chiusa in partenza. Tutti i movimenti in qualche modo di
alternativa radicale e riformatrice che si sono alleati stabilmente e in forma
subalterna in questo schema, in genere con accordi rigidi con la cosiddetta
socialdemocrazia, sono stati ridimensionati o azzerati in poco tempo. Ne
sono esempi l’alleanza Verdi e Socialisti in Francia del 2012, l’alleanza di
Podemos con i Socialisti in Spagna, le coalizioni uliviste italiane, ancora di
recente un mese fa il tracollo dei due partiti che sostenevano un governo
socialista minoritario in Portogallo; in qualche modo la stessa componente socialista
radicale di Sanders e amici nei democratici in USA che non conta praticamente
nulla. I movimenti di alternativa devono
avere la loro collocazione naturale in un centro radicale con
grande capacità riformatrice che è esattamente il contrario del moderatismo
centrista che oggi non ha in genere alcuno spazio politico. La società quindi non
può essere letta come un foglio piatto ma, azzardando una lettura geometrica,
come uno spazio cartesiano dove un centro moderato e un centro radicale stanno
verticalmente agli opposti. Guarda caso i Grünen tedeschi che si ritengono di
certo “progressisti” di volta in volta in base ai punti di programma ed al
progetto scelgono se e con chi allearsi, dalle Città, ai Lander, al Parlamento.
E tutto sommato sono gli unici sopravvissuti nell’intero Occidente.
Nel nostro paese i precari schieramenti di centrodestra
e centrosinistra costituiscono in realtà una grande palude, quasi sempre indifferente,
come minimo, sia alle emergenze ambientali e climatiche del nuovo secolo, sia
alla precarietà sociale ed economica di parti consistenti della società e sia
al dilagare di corruzione e clientelismo. Il limite sta nei loro referenti
sociali e nell’alleanza fra un ceto medio per lo più garantito in buona parte
da apparati statali, gruppi di clientele, fino a gruppi di tipo mafioso o come
minimo evasori fiscali stabili e un sistema economico-industriale-finanziario
con la testa e il portafoglio rivolti verso il secolo scorso e chiuso a
processi riformatori ecosostenibili e solidali che ci offrirebbero un nuovo
modello economico e darebbero buone speranze alle nuove generazioni. Oggi
dovremmo avere 100mila cantieri di fotovoltaico aperti al mese sui tetti delle
case e centinaia di km di metropolitane in costruzione urgente nelle 30
principali città italiane. Dopo il reddito di cittadinanza che è da allargare
ad alcuni ambiti sociali esclusi dalla Lega nel ConteI, dovremmo arrivare
finalmente ad un salario minimo orario almeno decente contrastando il dilagare
del lavoro nero. Abbiamo invece un ministro dell’ambiente che si diletta a
raccontarci la favoletta delle minicentrali nucleari, che espande le trivelle
come se questo portasse a calmierare il costo dei fossili invece di superarli.
E sul salario minimo, come sulle regole elettorali c’è un muro discreto e silenzioso
di forze diverse che precludono qualunque innovazione. In varie occasioni la
società italiana ha mostrato la disponibilità al cambiamento. Ad esempio con il
referendum sul nucleare riconfermato nel 2011, con il no alla riforma
costituzionale di Renzi del 2016, come anche con il voto politico del 2015 e
del 2018.
Quindi una forza di progresso che occupi il centro del
sistema politico e imponga un diverso sistema elettorale di rappresentanza
sociale non può che essere solidale cioè avere un referente sociale
determinante negli strati più precarizzati della società ed ecologista
cioè proporre un percorso di conversione dell’economia che garantisca il futuro
delle nuove generazioni. Se il rispetto della Costituzione e della Democrazia sono
pilatri basilari, è invece indispensabile elaborare un progetto autonomo e di
impegno istituzionale sui temi essenziali, evitando di galleggiare senza opinioni
proprie nella palude. Non essere né di destra né di sinistra non vuol dire
affatto oscillare come un pendolo di volta in volta di qua e di la, ma
esprimere un proprio punto di vista compreso e sostenuto nella società tanto da
diventare il polo di attrazione su cui verificare le possibili alleanze ed il
livello accettabile di compromesso. Almeno in questa fase storica non servono
per forza interlocutori e alleanze obbligate.
3)
L’esperienza del
governo Conte 1 e Conte 2 ce lo insegna. In una situazione di potenziale
egemonia i grillini hanno ottenuto molti più risultati nella fase iniziale del
governo con la Lega che nel Conte 2 con il PD. Ed oggi in un eccesso di realpolitik
e nel “governo di tutti” la perdita dell’egemonia porta alla crisi ed alla
totale paralisi delle loro proposte. Già ho citato il blocco della loro
proposta di legge elettorale, di quella sul salario minimo orario, quella sul
potenziamento diffuso delle rinnovabili, ma anche l’assenza totale di
proposte sul problema dei migranti dove la costruzione di corridoi
umanitari che sostituiscano e debellino gli scafisti e impediscano
l’immigrazione clandestina, non procede se non come esperimento di piccole
comunità religiose invece che come progetto umanitario ed economico dello Stato
( vedi qui).
Mi sembra che l’eventuale Movimento 2050 di Conte abbia un qualche futuro se ha
il coraggio di difendere una propria totale collocazione autonoma, di arrestare
una illusoria deriva di centrismo moderato di qualche ministro che non ha
alcuno spazio nella società italiana né tanto meno alcuno spazio elettorale, di
contrastare l’azione diffamatoria dei media, invece di subirla o maledirla, imponendo la centralità dei propri obiettivi e
costruendo sedi idonee a definire quelli che ad oggi sono troppo nebulosi o
incomprensibili. Mi sembra scontato che la ricomposizione con Di Battista e
alcuni altri, un ricambio significativo dei quadri (che tanto avverrà comunque
perché in buona parte emigreranno o spariranno), l’organizzazione su basi
regionali e nuove campagne di adesione, accanto alla riconquista di una totale
autonomia, siano i requisiti di una difficile sopravvivenza.
A me pare che in giro al momento non c’è altro. Nella
sinistra e negli ambientalisti ad oggi purtroppo la visione si ferma alla
speranza che la crisi grillina porti i loro partitini dall’1-2% al 2-3%.
L’innovazione politica e la volontà di aggregazione mi sembrano vicini a zero, sull’eccesso di narcisismo e
trasformismo, come sui loro esiti fallimentari, non c’è nemmeno una riflessione
in corso. La generazione nata nel secolo scorso ha ancora poche carte per
riscattarsi e inventare una prospettiva di alternativa. Che altrimenti sarà a
carico fra dieci anni delle nuove generazioni nel mezzo della crisi.
leggi anche:
Alternative in Italia: Cosa viene dopo il Movimento
5Stelle (I) (Massimo Marino -
febbraio 2022 )
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5Stelle (II) ( Massimo Marino – febbraio 2022)