martedì 22 novembre 2011

Alta velocità Torino-Lione: funziona! E va alla grande

di Debora Billi *

E' con somma gioia che apprendo la notizia dei nuovi collegamenti ad alta velocità sull'asse Milano-Torino-Lione-Parigi.

Davvero una splendida notizia! Con buona pace dei diavoli valsusini, che dovranno fare buon viso a cattivo gioco ed accettare questo treno modernissimo che ci permette finalmente di "entrare in Europa". Ecco la notizia riportata da La Stampa:

A partire dall'11 dicembre, infatti, sulla tratta Milano-Torino-Lione-Parigi ci sarà una coppia di Tgv in più e le corse giornaliere andata e ritorno diventeranno tre invece delle due attuali. Sncf, infatti, ha deciso di aggiungere un convoglio che partirà da Porta Susa alle 12 e 38 minuti con arrivo nella capitale francese alle 18 e 19. (...) Con il lancio di un'offerta commerciale che prevede una nuova gamma di tariffe con prezzi di sola andata a partire da 25 euro in seconda classe.

E costa anche pochissimo!

Ma... un momento: questa non è la nuova TAV che dobbiamo assolutamente costruire perché "siamo tagliati fuori dall'Europa": questa è la linea alta velocità già esistente, quella che già collega Torino e Lione grazie ai TGV francesi. Ed è alta velocità sul serio: ci mette appena 5 ore e 40 ad arrivare a Parigi. Costa anche molto meno delle esosissime TAV italiane.

Insomma, scopriamo con stupore che il collegamento ad alta velocità tra Torino e Lione esiste già. E che quindi la tanto discussa TAV della Valsusa serve ancor meno, probabilmente viaggerà del tutto vuota se già ora i francesi devono cercare clienti praticando sconti. Ancora convinti che il business di tutta la faccenda non sia esclusivamente nel cemento e nelle trivelle?

Non so cos'altro serva per convincervi: forse aiuta l'Economist, che ha appena pubblicato un'inchiesta che dimostra come la TAV sia inutile, costosa e antieconomica. Ma si sa, all'Economist sono tutti comunisti.

* Blog Petrolio uno sguardo dal picco www.petrolio.blogosfere.it 21 Novembre 2011

lunedì 21 novembre 2011

Bussoleno (TO) Imprenditori No TAV


Serata a Bussoleno, sala consiliare venerdì 25 novembre ore 20,45

Nasce ETINOMIA, Imprenditori Etici per la Difesa dei Beni Comuni


Si presenta venerdì a Bussoleno ETINOMIA Imprenditori Etici per la Difesa dei Beni Comuni.

La nuova associazione radunerà e rappresenterà le imprese e le partite Iva che, opponendosi al Tav, lanciano una sfida al concetto che il lavoro debba sottostare a condizioni immorali e ai ricatti del Potere (se vuoi lavorare devi accettare di tradire la tua comunità e la tua terra) o alla retorica di qualsiasi lavoro è buono e giustificato.

venerdì 18 novembre 2011

Tutti a cuccia

di Marco Travaglio *

Povero Monti. Non bastavano le consultazioni con 34 gruppi parlamentari affamati come branchi di lupi, le minacce del Cainano ferito e gli attacchi degli house organ berlusconiani. Ora deve pure fare i conti con la salivazione a mille della stampa “indipendente”, che da quando ha avuto l’incarico non fa che leccarlo dalla testa ai piedi. E, quando ha finito con lui, comincia a incensare la sobria Varese che gli diede i natali, la chioma sobria e argentata, la signora Elsa che rifugge sobriamente i riflettori, la chiesa dove assiste sobriamente alla messa, il portamento sobrio ed elegante, il sobrio ed essenziale eloquio, le battute sobriamente spiritose (“ha sense of humour e anche un po’ di autoironia”, assicura Repubblica), il sobrio “lei” per tutti (ma “senza supponenza”, garantisce Repubblica) e il tu riservato alla sobria Bonino, che anni fa ebbe la fortuna di ballare con lui un valzer, ma – rivela lei stessa – “in maniera sobria”. E poi la sobria “vecchia berlina Lancia” prestata dal Quirinale (“auto italiana”), il sobrio Hotel Forum dove alloggia a Roma, i ristoranti dov ’è solito consumare pasti frugali e naturalmente sobri. Turiboli a manetta anche sui suoi effetti personali: il sobrio “loden verde d’inver no”, il sobrio “pullover girocollo d’estate”, il sobrio “giubbotto blu abbastanza leggero sfoggiato a Roma viste le temperature miti” (Repubblica), il sobrio “abito grigio” che è “la sua divisa”, con una “cravatta blu chiaro sulla camicia bianca” che gli dà un sobrio “tocco di colore”. Per non parlare del sobrio “quadernone formato A4” (La Stampa) dove ogni tanto prende sobriamente appunti (“anche lui ogni tanto scrive”, Repubblica) nel sobrio “ufficetto frugale e di servizio” (La Stampa). E poi i sobri “biscotti avvolti in una carta che celebra i 150 anni dell’Unità d’Italia” offerti ai suoi interlocutori e annaffiati da due sobrie “bottiglie d’acqua minerale, ma una è chiusa perchè manca il cavatappi” (Repubblica). E naturalmente il sobrio cane che gli fa sobriamente compagnia. Dobbiamo a un prezioso ed esclusivo scoop del M e s s a g ge ro la conoscenza della razza precisa del quadrupede, un “golden retriever”, mentre è ancora Repubblica a rivelarci che col medesimo il professor Monti suole intraprendere lunghe “passeggiate nei boschi” nelle sere d’estate che trascorre nel suo “buen retiro in Engadina” tipico del “Montistyle” in “stile anglosassone”. Al momento le informazioni sul fortunato animale si fermano qui, ma secondo indiscrezioni pare sia nato a Cernobbio durante un vertice della finanza che conta, tant’è che il suo nome sarebbe “A m b ro s e t t i ” ( s o p ra n n o m e : Goldman Sax Terrier). Ogni mattina, durante la sobria colazione, il cane Ambrosetti, a un cenno convenuto del padrone, gli recapita con un sobrio “arf arf” una copia croccante del Financial Times, poi si accuccia buono buono, ma soprattutto sobrio, a delibare i listini di Borsa di cui va ghiotto, concedendosi solo qualche sobrio latrato di soddisfazione o di preoccupazione. Esso infatti non abbaia: declama le quotazioni dei titoli azionari. E non morde: lui mònita in sei diverse lingue, in sobria sintonia con il Colle.

Da quando è esplosa la crisi finanziaria, ben conscio della fase drammatica che attraversa il Paese grazie alle tre lauree e ai sei master conseguiti nei college più prestigiosi, il primo cane bocconiano della Storia si è imposto un rigoroso regime di austerity: non scodinzola, non scava, non sporca, non caca, non orina, non tromba e, quando vede un osso, lo ignora accuratamente e sobriamente.
Se ne sta preferibilmente a cuccia, anticipando la sorte che toccherà agli italiani nei prossimi mesi. Ogni tanto, quando il padrone è impegnato, se ne va a zonzo solitario e meditabondo, chino sulle sorti dell’economia mondiale. Lo riconoscete dall’inconfondibile cappottino-loden verde d’inverno
e dalla mantellina girocollo d’estate. Inutile offrirgli qualcosa da mangiare: alla parola “bocconi”, lui pensa subito all’università.

*da Il FattoQuotidiano 16 novembre 2011

martedì 15 novembre 2011

Ordini professionali: Storie di vita vissuta...sulla mia pelle

7 novembre 2011.La scorsa settimana è successo. Ebbene sì: la classica goccia ha fatto traboccare il vaso! Il vaso della tolleranza nei confronti degli ordini professionali. Per cominciare mi presento. Sono Marinella Robba, istruttore direttivo presso un Ente pubblico, laureata in giurisprudenza all’Università di Torino, abilitata all’esercizio della professione di avvocato ed iscritta all’Ordine Nazionale dei Giornalisti (elenco pubblicisti) dal 1995 al 2010. Attualmente sono direttore editoriale del giornale animalista Pelo & Contropelo, attività che svolgo nel tempo libero con una passione infinita. Premesso che oggi sono molto contenta di lavorare per la pubblica amministrazione, anni fa pensavo di realizzare un percorso professionale diverso, che mi ha portato ad avere alcune esperienze deludenti con gli ordini professionali.

Ma partiamo … dalla fine! Come dicevo, una mattina della scorsa settimana mia madre mi telefona dicendo che l’architetto a cui mio zio aveva conferito autonomamente l’incarico per una perizia relativa ad alcuni immobili ereditati pretendeva da lei il pagamento di metà della parcella, altrimenti avrebbe fatto scrivere dall’Ordine degli Architetti. Quando me l’ha raccontato il rancore verso gli ordini professionali, da troppo tempo sopito, si è risvegliato più veemente che mai. Proprio così: adesso il cittadino deve temere la minaccia degli ordini professionali, come se rischiasse provvedimenti disciplinari da un ente con cui non ha niente da spartire. Certamente è una frase d’effetto nei confronti di chi non ha ben chiaro il potere che può esercitare un ordine professionale nei confronti del cittadino non iscritto … cioè zero assoluto. Indubbiamente la letterina dell’ordine professionale non costa come il ricorso per decreto ingiuntivo di un avvocato necessario per ottenere il pagamento della parcella (sempre che sia dovuto!) e se sortisce i suoi effetti perché il malcapitato si spaventa … tanto di “risparmiato” per il professionista! Invece di preoccuparsi tanto della buona fede contrattuale dei cittadini sarebbe molto più utile se gli ordini professionali si concentrassero sulla regolarità fiscale dell’attività professionale svolta dai loro iscritti.

Vi racconto le mie vicissitudini con gli ordini professionali … praticamente una telenovela, che spero abbiate la pazienza di leggere fino in fondo. Dopo aver compiuto la pratica per più di due anni in una redazione, nel 1995 presento all’Ordine Giornalisti Piemonte l’istanza per l’iscrizione nell’elenco pubblicisti, che viene deliberata il 23 marzo dello stesso anno. Per un po’ di tempo collaboro per la rivista Informa Giovani edita dal Comune di Torino. In seguito vinco un concorso pubblico, la rivista cessa le pubblicazioni e io sospendo l’attività giornalistica, perché è difficilissimo trovare una redazione che paghi le collaborazioni. Continuo, tuttavia, a versare regolarmente all’Ordine la quota annuale di iscrizione. Negli anni 2008 e 2009 ricevo un paio di lettere da parte dell’Ordine Giornalisti Piemonte in cui mi veniva comunicato che era in corso la revisione degli iscritti (mai fatta prima!) e che avrei dovuto produrre la documentazione relativa all’attività svolta nei tre anni precedenti, incluse le copie dei documenti fiscali comprovanti i compensi percepiti. Non avendo niente da presentare mi sono subito rassegnata all’imminente cancellazione dall’Albo e non ho risposto alle richieste poiché non avevo niente da dichiarare. Alla fine del 2009, inaspettatamente, mi viene proposto l’incarico di direttore responsabile di una nuova testata giornalistica. Mi affretto, pertanto, a comunicarlo via fax all’Ordine dei Giornalisti, a dare le dovute comunicazioni all’Ente pubblico presso cui lavoravo e a chiedere all’Ordine medesimo il certificato di iscrizione nell’elenco pubblicisti, che deve essere presentato in Tribunale per ottenere la registrazione del periodico. Il certificato viene rilasciato senza alcun problema, al costo di 100,00 euro per “diritti di segreteria”. Il giornale viene regolarmente registrato presso il Tribunale di Torino e io ne divento il direttore responsabile. Fin qui nessun problema. Il 7 gennaio 2010 arriva la doccia fredda. Un ufficiale giudiziario mi notifica la deliberazione di cancellazione dall’Albo per inattività professionale. Notare: il Consiglio Regionale dell’Ordine delibera la cancellazione il 1° dicembre 2009 e il certificato di iscrizione viene rilasciato il 18 gennaio 2010. In seguito mi verrà spiegato che il certificato era stato rilasciato per errore! Peccato che nel frattempo io l’avessi già portato in Tribunale per la registrazione del giornale. Contatto l’allora Presidente del Consiglio Regionale dell’Ordine, Sergio Miravalle, spiegandogli la situazione e aggiungendo, inoltre, che stavo progettando in collaborazione con un grafico libero professionista di dare vita anche ad un periodico animalista, Pelo & Contropelo appunto. Imploro letteralmente di non cancellarmi. Miravalle mi risponde che ormai non si poteva più tornare indietro perché la cancellazione era già stata deliberata. Comunque avrei potuto impugnare il provvedimento presentando ricorso al Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti. Aggiunge anche una frase del tipo «stia tranquilla, anche se ha fatto male a non rispondere alle lettere della revisione, non siamo così cattivi». Rispondere … e per dire cosa? Che non avevo nessuna ricevuta di pagamento? Oppure avrei dovuto presentare dichiarazioni false? Morale della favola: il Consiglio Nazionale respinge il ricorso il 25 marzo 2010. L’impugnazione mi viene a costare più di 300,00 euro di tasse destinate in parte al Consiglio regionale e in parte a quello nazionale. Senza contare gli ulteriori 100,00 euro che il titolare della testata ha nuovamente dovuto pagare per il rilascio del certificato di iscrizione per il nuovo direttore responsabile, perché ovviamente, a seguito della cancellazione, sono stata sostituita perdendo così definitivamente l’opportunità. Per essere esaustiva aggiungo al conteggio le quote di iscrizione versate all’Ordine in 15 anni, praticamente per niente.

Ma la telenovela continua, perché dovevo ancora lottare per Pelo & Contropelo, che per nascere aveva bisogno del suo direttore responsabile e della relativa registrazione in Tribunale. L’art. 41 c. 3 L. 69/63 prevede che non possa più essere cancellato per inattività professionale il giornalista che abbia almeno 15 anni di iscrizione all'Albo. Acquista quindi un diritto incondizionato all’iscrizione a tempo indeterminato. Nelle more del ricorso maturo l’anzianità di 15 anni, perché l’iscrizione era stata deliberata il 23 marzo 1995 e il ricorso viene respinto con decisione del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti n. 46/2010 del 25 marzo 2010. Lo faccio immediatamente presente all’Ordine, ma niente da fare. Mi viene risposto che la revisione era precedente e quindi la norma non era applicabile. In seguito sono venuta a sapere che una pubblicista, iscritta dal 1995 come me, non è stata cancellata anche se non era in grado di produrre la documentazione richiesta solo perché la revisione, in quel caso, era avvenuta dopo il 15° anno di iscrizione (presumo dipenda dalla lettera con cui inizia il cognome). Tutto questo a discapito dell’applicazione dell’art. 3 della Costituzione, che prevede uguali diritti per tutti! Non si capisce inoltre perché proprio 15 anni e non 10 o 20 anni. Sicuramente la norma avrà una sua ratio o almeno si spera! Nonostante le avversità escono i primi numeri di Pelo & Contropelo di cui divento direttore editoriale, ma non direttore responsabile visto che ormai la cancellazione è diventata effettiva. Non mi arrendo e torno alla carica nel dicembre 2010 con una lettera con cui chiedo la reiscrizione all’Albo ai sensi dell’art. 42 c. 1 L. 69/63 che dispone “il giornalista cancellato dall'Albo può, a sua richiesta, essere riammesso quando sono cessate le ragioni che hanno determinato la cancellazione”. Ovviamente allego alla lettera le copie dei primi due numeri del giornale. Non ricevo risposta. Lo scorso ottobre è uscito il sesto numero di Pelo & Contropelo con la mia più grande soddisfazione visto i temi importantissimi che ho trattato (vivisezione, strage di elefanti in Africa, caccia ecc.). Il giornale, che ora ha diverse migliaia di lettori, dalla scorsa primavera è passato dalle iniziali quattro pagine alle attuali otto.

A questo punto è inevitabile una riflessione di carattere generale: così facendo l’Ordine dei Giornalisti di fatto limita l’esercizio della libertà di stampa. Un valore assolutamente da tutelare in una democrazia e che io ho potuto attuare solo grazie al fatto che ho trovato una pubblicista che ha accettato di ricoprire l’incarico di direttore responsabile di Pelo & Contropelo. Ma se non l’avessi trovata? Avrei dovuto rinunciare a dare informazioni sulla sofferenza degli animali, su argomenti che hanno un rilievo sociale e che interessano una buona parte della popolazione italiana.
La mia prima esperienza deludente con gli ordini professionali, risale però al 2003 quando, sostenuto l’esame di Stato per l’abilitazione all’esercizio della professione di avvocato, tento di iscrivermi all’Albo degli Avvocati di Torino. Con tutte le più rosee speranze per il mio futuro professionale mi reco all’Ordine degli Avvocati e lì mi viene detto che, essendo dipendente della pubblica amministrazione, per iscrivermi all’Albo avrei dovuto chiedere il part-time al 50 per cento. Immediatamente presento all’Ente presso cui lavoravo l’istanza per la riduzione dell’orario al 50 per cento, che mi viene accordata senza difficoltà. Produco tutta la documentazione all’Ordine degli Avvocati, ma l’iscrizione viene respinta perché nel frattempo era stata emanata la norma che rendeva completamente incompatibile l’esercizio della professione di avvocato con l’impiego pubblico. Norma che riguarda tutti i dipendenti della pubblica amministrazione, eccetto i docenti universitari che pur avendo un contratto di lavoro subordinato con un ente pubblico possono esercitare indisturbati la professione forense (sempre in palese violazione dell’art. 3 della Costituzione!). Anche in questo caso la deliberazione mi viene notificata tramite ufficiale giudiziario, tanto per enfatizzare un pochino il rigetto (non sembra ma vedersi arrivare a casa gli ufficiali giudiziari fa un certo effetto!). A questo punto, per esercitare la libera professione, non mi restava che rinunciare all’impiego pubblico, con ovvi problemi per il mio sostentamento, visto che quando si avvia un’attività in proprio, senza l’aiuto di nessuno, i guadagni non sono immediati, anzi spesso si fanno attendere non poco e qualche volta purtroppo non arrivano neanche. Scartata questa soluzione, nel mio caso impraticabile (a meno che nel frattempo non mi fosse capitato un pretendente facoltoso da sposare, come è stato suggerito simpaticamente da qualcuno tempo fa a tutte le giovani donne!), decido di avviare l’attività come semplice consulente legale, visto che ormai ero già in part-time e percepivo solo metà dello stipendio. Dentro di me penso «ci provo lo stesso». Ma è facilmente comprensibile come sia penalizzante non poter utilizzare il titolo di avvocato su biglietti da visita e lettere, senza poi considerare la totale preclusione al patrocinio legale. Il tentativo quindi fallisce e devo dire, viste le premesse alquanto scoraggianti, forse non è mai neanche partito! Questo però è un problema che riguarda solo gli avvocati, perché ingegneri, architetti, psicologi, giornalisti ecc. possono iscriversi senza problemi ai rispettivi albi professionali ed esercitare anche la libera professione, dopo aver ottenuto le necessarie autorizzazioni dall’ente pubblico presso cui lavorano. Per anni, infatti, sono stata iscritta a quello dei giornalisti pur lavorando nella pubblica amministrazione come impiegata amministrativa. C’è chi mi ha detto «potevi evitare di dichiarare all’Ordine degli Avvocati il rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione. Sei stata poco furba». Mi chiedo perché per restare iscritta ad un albo professionale si sia quasi costretti a presentare carte false e per iscriversi ad un altro si debba omettere informazioni. Mi piace pensare che in Italia si possa ancora agire alla luce del sole, senza sotterfugi. Vorrei che fosse così per tutti.
Marinella Robba

lunedì 14 novembre 2011

Maxiemendamento: anche sui carburanti cominciamo noi a pagare

Anche i carburanti nel mirino del futuro governo, con un doppio aumento delle accise a inizio 2012 e nel 2013. Lo prevede il maxiemendamento alla "legge di stabilità".

Se ne parla poco ma il primo aumento scatterà l'1 gennaio 2011 e porterà l'accisa sulla benzina a 614,20 euro ogni mille litri (attualmente è pari a 613,20) e quella sul gasolio a 473,20 euro ogni mille litri dai 472,20 euro attuali. Dopo 12 mesi scatterà un nuovo aumento di 50 centesimi ogni mille litri, sia per la "verde" sia per il gasolio.

Considerando che all'accisa va applicata anche l'Iva del 21%, il primo aumento porterà il prezzo della benzina, prendendo come riferimento il costo industriale medio del mese di settembre 2010, a 1,597 euro al litro, sette millesimi in più rispetto al prezzo medio di quel mese (+0,44%). Il prezzo alla pompa del gasolio, invece, salirà a 1,474 €/l, otto millesimi in più rispetto al prezzo medio alla pompa del mese di settembre 2010 (+0,55%).

Il due aumenti dovrebbero portare nelle casse dello stato qualcosa come 350 milioni di euro all'anno sottratti ai comuni cittadini e imprese che usano mezzi per spostarsi e per il lavoro. Il prossimo aumento sarà il quinto dall'inizio del 2011 dopo i due incrementi per rifinanziare il Fondo unico per lo spettacolo (aprile e luglio), l'incremento di giugno e quello di novembre per l'alluvione in Liguria e Toscana.

domenica 13 novembre 2011

Vendere la terra dello Stato per creare nuove aziende agricole è una truffa


Il maxi emendamento prevede la vendita dei terreni agricoli demaniali per risanare il debito pubblico. Una norma -secondo l’ong Crocevia- che maschera un’operazione per nuove speculazioni edilizie e non aiuta i giovani a creare nuove aziende agricole. "Le terre coperte da varie forme di usi civici o comunque di proprietà collettiva sono inalienabili, appartengono a tutti i cittadini e non ai Comuni anche se questi le amministrano". Quindi non possono essere vendute.

di Crocevia *

Nel maxiemendamento alla legge di Stabilita, l’articolo 4 quater prevede la vendita dei terreni agricoli demaniali per risanare il debito pubblico. Una norma -secondo l’ong Crocevia, da oltre 50 impegnata nella difesa dell’agricoltura contadina- che maschera dietro la facciata un’operazione per nuove speculazioni edilizie e non aiuta i giovani a creare nuove aziende agricole.

Il pretesto, sollevato da molti in queste settimane, è l’enorme quantita di terreni di proprieta dello Stato, dato che in Italia molta terra appartiene a Amministrazioni, Enti Pubblici e Proprieta Collettive gestite da Comuni o Enti, per ettari SAU (superficie agricola utilizzata):
• Amministrazione o Ente pubblico 269.375,50
Ente o Comune che gestisce proprieta' collettive 445.123,65

Il totale di 714.499,15 ettari di SAU, corrispondenti a 1.955.734,71 di superficie agricola totale (SAT), sono ripartiti tra 2.600 aziende. Ma ricordiamolo subito –anche al Ministro dell’agricoltura Romano- le terre coperte da varie forme di usi civici o comunque di proprietà collettiva, per un totale di oltre 1 milione di ettari, sono inalienabili, appartengono a tutti i cittadini e comunque non appartengono ai Comuni anche se questi le amministrano. E quindi non possono essere vendute!

Esiste un fenomeno di concentrazione della proprietà delle terre agricole dove circa 22.000 aziende, con una taglia superiore ai 100 ettari, si spartiscono oltre 6,5 milioni di ettari di SAT. Dedotte le terre pubbliche, restano 4,5 milioni di ettari che sono concentrati in circa 19.000 aziende private, tutte con una taglia superiore ai 100 ettari, che hanno aumentato in dieci anni di oltre l’8% la SAU che controllano e del 16% il loro numero totale.

La vera questione rimane quella dell’accesso alla terra che, in Italia, è necessario sia per la creazione di nuove aziende in cui le nuove generazioni possano avviare un’attività agricola, sia per allargare la maglia poderale delle aziende di dimensione inferiore ai 30 ettari, quelle che negli ultimi 10 anni hanno subito la mortalita più elevata, a seguito delle politiche pubbliche – incentivi monetari, sostegni e facilitazioni – tutte basate sull’idea che più si riduce il numero delle aziende e meglio va l’agricoltura. Ma accesso alla terra non significa proprietà, acquisto/vendita, significa solo un insieme di normative che favoriscano e proteggano l’uso agricolo della terra e non il possesso, che sostengano chi vuole iniziare un’attività agricola mettendogli a disposizione l’uso di terre a affitti garantiti ed equi. Assolutamente niente di nuovo. Basta dare uno sguardo alla carta costituzionale.

Recita l’Articolo 42: “La proprieta è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati. La proprieta privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti…” Quindi, le politiche pubbliche possono limitare la proprietà privata “allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti”.

In particolare per quanto riguarda l’uso agricolo l’Articolo 44 dice: “Al fine di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali, la legge impone obblighi e vincoli alla proprietà terriera privata, fissa limiti alla sua estensione secondo le regioni e le zone agrarie, promuove ed impone la bonifica delle terre, la trasformazione del latifondo e la ricostituzione delle unità produttive; aiuta la piccola e la media proprietà…”

Ecco cosa serve oggi all’agricoltura italiana per riportare i giovani nelle campagne. Le aziende che sono scomparse non possono rinascere e la sofferenza di quei fallimenti non sara compensata, ma almeno si puo immaginare di consolidare le piccole aziende contadine e di crearne delle nuove per fermare il processo di desertificazione agraria che ai più sembra ormai inarrestabile.

*da www.altreconomia.it

martedì 8 novembre 2011

SANTHIA’ (VC): “ A che serve il TAV in Val di Susa e in Piemonte ? “



una serata di informazione e dibattito su un’ opera che paghiamo anche noi per i prossimi 30 anni ... promosso da:

Movimento Valledora - Gruppo delle Cinque Terre - Gruppo Ambiente Santhià

venerdì 11 novembre 2011 - dalle ore 20,45

Santhià, via Dante Alighieri, 4 - Biblioteca civica

presso la biblioteca comunale si terrà un dibattito aperto al pubblico sul progetto della nuova linea ferroviaria Torino - Lione

interventi e relazioni:

Massimo Marino: ecologista del Gruppo delle Cinque Terre
Valentina Cancelli: assessore comunale Villar Focchiardo
Luca Giunti: naturista, componente Tavolo tecnico Comunità montana

Aderiscono alla serata: Alternativa Piemonte, Movimento 5Stelle Vercelli-Valsesia, Ecologisti e civici-Vercelli, Movimento 5Stelle Biellese, MAC-Movimento Ambiente Chivasso


Il TAV fa male: all’ambiente - alla salute - alle nostre tasche

è prevista la proiezione di slide e video
info: www.movimentovalledora.org- info@movimentovalledora.org 327 76 42 595 begin_of_the_skype_highlighting 327 76 42 595 end_of_the_skype_highlighting

dibattito TAV a Santhià (VC) 11 novembre ore 20,45

TAV; dibattito dell'11 novembre a Santhià promosso da
Movimento Valledora, Gruppo delle Cinque Terre, Gruppo Ambiente Santhià

LABORATORIO POLITICO

ALTERNATIVACentra

Comunicato stampa

Venerdì 11 Novembre 2011, dalle ore 20.45, si terrà a Santhià (VC) presso la biblioteca civica un dibattito sul progetto della nuova linea ferroviaria Torino-Lione

A CHE SERVE IL TAV IN VAL DI SUSA ED IN PIEMONTE?

«La lotta per la difesa dei territori dall’invasione barbarica della crescita insensata», ha dichiarato Giulietto Chiesa, Presidente di Alternativa «vede nel movimento No Tav della Val di Susa un punto di alto valore nazionale ed internazionale. Una lotta che va preservata e difesa».

Roma, 8 novembre 2011: Venerdì 11 Novembre 2011, Alternativa Piemonte parteciperà al dibattito aperto al pubblico che si terrà, a partire dalle 20.45, a Santhià (VC) presso la Biblioteca civica, in Via Dante Alighieri 4, sulla nuova linea ferroviaria Torino-Lione.

Un momento di confronto e dibattito per capire realmente cosa comporterebbe per i territori della Val di Susa e del Piemonte la costruzione del cosiddetto “Tav”, la sua inutilità e la sua devastazione del territorio.

Durante il dibattito interverranno:

  • Massimo Marino: ecologista del Gruppo della Cinque Terre
  • Valentina Cancelli: Assessore comunale di Villar Focchiardo
  • Luca Giunti: naturalista e componente del tavolo tecnico della Comunità montana

Alla serata, oltre ad Alternativa Piemonte, parteciperanno:Movimento Cinque Stelle Vercelli-Valsesia, Movimento Cinque Stelle biellese, Ecologisti e civici Vercelli, MAC-Movimento Ambiente Chivasso.

Solidarizzano con la manifestazione:

Maurizio Pallante (Portavoce di Uniti&Diversi e Presidente del Movimento per la Decrescita Felice); PER IL BENE COMUNE – Piemonte; RIVALTA SOSTENIBILE; ALPIGNANO SOSTENIBILE; uniti nella RPMLC – Rete Provinciale torinese dei Movimenti e Liste di Cittadinanza.

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Il Laboratorio politico Alternativa è stato fondato a Roma il 17 aprile 2010 da Giulietto Chiesa, avendo come punto fondante della propria attività politica e culturale il rifiuto nei confronti del modello di sviluppo economico e sociale occidentale, nella convinzione che sia proprio questo la causa principale della distruzione della natura, della società, dei rapporti tra gli individui e sia, per questo, destinato al collasso in tempi relativamente brevi.

Il Laboratorio politico Alternativa ha una diffusione sulla maggior parte del territorio nazionale: in Piemonte, Lombardia, Trentino Alto Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Abruzzo, Marche, Umbria, Lazio, Sardegna, Campania, Basilicata e Sicilia.

Giulietto Chiesa è un giornalista e un politico italiano, è stato redattore de “L’Unità” e corrispondente in Urss per “La Stampa”. Ha collaborato a numerose testate italiane e internazionali. Ha scritto numerosi libri dedicati a temi di politica, attualità e storia. All’attività giornalistica ha affiancato l’attività politica, diventando europarlamentare nel 2004. Nel corso del 2006, insieme all’associazione “Megachip”, ha promosso un’inchiesta sulle vicende dell’11 settembre 2001, da cui è stato realizzato il film “Zero-Inchiesta sull’11 settembre”, con regia di Franco Fracassi. Nel gennaio 2010 ha dato il via al laboratorio politico “Alternativa”

Ufficio stampa: Rodolfo Monacelli tel:329-8725002 begin_of_the_skype_highlighting 329-8725002 end_of_the_skype_highlightingufficiostampa@alternativa-politica.it

http://www.pandoratv.it http://www.alternativa-politica.it http://www.giuliettochiesa.it http://www.megachip.info

giovedì 3 novembre 2011

Torino: Ritorno ai Servizi Pubblici Locali dell’Ottocento ?


Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua
Comitato Torinese Acqua Pubblica

La proposta di delibera di riorganizzazione delle partecipazioni societarie della Città di Torino, che prevede il loro accentramento presso la FCT (Finanziaria Città di Torino), rappresenta la più grossa trasformazione dei servizi Pubblici locali dopo la loro municipalizzazione 100 anni or sono. Questa proposta incontra il più totale disaccordo del Comitato Acqua Pubblica di Torino.

Sebbene sia esclusa la gestione dell'Acqua (SMAT) da questo processo, il Comitato Torinese è comunque coinvolto, in quanto si considera "custode" di un risultato referendario altrimenti "orfano". Ci troviamo, sorprendentemente, di fronte a una vittoria elettorale orfana, quantomeno nel suo contenuto, che da troppe parti si vuole ignorare o ribaltare. Il referendum ha abrogato l'obbligo della generale e indiscriminata privatizzazione dei servizi pubblici: alla volontà popolare si risponde proseguendo nelle politiche di privatizzazione.

Il Comune di Torino si incammina in questa direzione applicando con incredibile rapidità e solerzia quanto previsto dalla "manovra ferragostana", senza nemmeno attendere la decisione della Corte Costituzionale che si dovrà esprimere su questa norma "ribalta-referendum". Dalla proposta pare emergere lo scopo di sottoporre l'insieme delle aziende di gestione dei pubblici servizi a una logica di remunerazione del capitale (pubblico o privato che sia) con l’evidente rischio di allontanarle dalla loro missione originaria, ovvero quella di garantire l'universalità del servizio, massimizzandolo quantitativamente e qualitativamente. Non noi ma la Corte dei Conti nella sua relazione su vent'anni di privatizzazioni ha espresso questo concetto (n. 3 del 10 febbraio 2010) La FCT rischia poi di porsi come un ulteriore e dannoso livello di separazione tra la rappresentanza democratica e l'operatività, vanificando in fatto ed in diritto ogni possibile esaudimento della richiesta di gestione partecipativa che sale dalla società e rendendo più difficoltosa l'attuale funzione di controllo (e vigilanza) del Consiglio Comunale.

Nell'ultima pagina della proposta di delibera si esplicita infine il punto d'arrivo dell'operazione: la cessione di importanti quote azionarie ai privati (siano essi "aggressivi" investitori a caccia di rapidi ed alti profitti o "miti" e prudenti investitori istituzionali, poco cambia), senza peraltro una chiara e dovuta esclusione della possibilità di accordi che consentano al socio (privato) di minoranza un vero e proprio controllo a scapito del socio (pubblico) di maggioranza, con il rischio di ridurre quest'ultimo al mero ruolo di "cassettista", coinvolto ormai soltanto nella dinamica finanziaria dell’operazione e non in quella di gestione del servizio. Anche da un punto di vista attento esclusivamente al profitto ci troviamo di fronte a una scelta decisamente opinabile: si vende nel peggiore momento di mercato degli ultimi ottant'anni. Le future amministrazioni, quando dovranno riprendere in mano i pubblici servizi (è solo questione di tempo, poiché già oggi è visibile tutta la debolezza dell'attuale impostazione) dovranno sobbarcarsi costi altissimi per recuperare quelle proprietà dei Cittadini che oggi paiono soggette ad una vera e propria vendita in saldo.

Tutta l'operazione avviene senza un'approfondita consultazione con la Cittadinanza, e a ritmi serrati. Siamo consapevoli delle difficoltà del bilancio comunale, ma crediamo fortemente che la risposta vada cercata con i Cittadini, per prima cosa chiarendo pubblicamente quali sono state le scelte politiche e le responsabilità (anche se non recentissime, pensiamo al problema dei derivati) che hanno portato all'attuale situazione. Per questi motivi il Comitato Acqua Pubblica di Torino CHIEDE al Consiglio Comunale:

- che non venga approvata la proposta di Delibera della Giunta Comunale riguardante la FCT;

- che la SMAT venga trasformata in Azienda speciale, avviando un procedimento analogo a quello intrapreso dal Comune di Napoli (questo comporterebbe il significativo risparmio dell'IRES con un primo sgravio dei costi!);

- che in tutte le Circoscrizioni si avvii una consultazione, che coinvolga la Cittadinanza tramite la convocazione di Consigli Circoscrizionali aperti, sul tema del ruolo dei pubblici servizi e delle conseguenti scelte strategiche che la nostra Città dovrà assumere.

Via Mantova 34 – 10153 Torino - www.acquapubblicatorino.org – tel 388 8597492 begin_of_the_skype_highlighting 388 8597492 end_of_the_skype_highlighting Torino, 3 novembre 2011

mercoledì 2 novembre 2011

4 appuntamenti a Torino


Torino - venerdì 4 novembre 2011, ore 17.30

Aula Magna del Politecnico di Torino, corso Duca degli Abruzzi 24

Dibattito pubblico sull'opportunità della nuova linea ferroviaria Torino-Lione
Relatori:

Prof. Carlo Alberto Barbieri, Politecnico di Torino (Dipartimento Interateneo Territorio) e Osservatorio sulla nuova linea Torino-Lione;
Prof. Marco Ponti, Politecnico di Milano (Dipartimento di Architettura e Pianificazione);
Prof. Angelo Tartaglia, Politecnico di Torino (Dipartimento di Fisica), già membro dell'Osservatorio sulla nuova linea Torino-Lione fino a fine 2009;
Prof. Mario Villa, Politecnico di Torino (Dipartimento di Trasporti e Infrastrutture Civili) e Osservatorio sulla nuova linea Torino-Lione.
Moderatore: Dr. Beppe Rovera, giornalista RAI3, conduttore della trasmissione Ambiente Italia

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Torino, venerdì 4 novembre 2011 ore 1519

PER UN’AGRICOLTURA FAMILIARE E PER LA SOVRANITA’ ALIMENTARE

Facoltà di Scienze Politiche. Aula 5 Lungo Dora Siena 69 /a

"Terra e cibo beni da difendere e non merci su cui speculare"

Le recenti politiche economiche mondiali e le crisi finanziarie hanno determinato l’aggravarsi in generale dei problemi del settore agricolo e per i Paesi a economia più debole un ulteriore impoverimento e maggiore insicurezza alimentare.

Il rapporto Internazionale Onu sull’Agricoltura esorta la comunità mondiale a modificare le politiche agricole per arginare l’esplosione dei prezzi, la fame, l’ingiustizia sociale e i disastri ecologici. Il rapporto conclude con l’affermazione che il modello di agricoltura industriale ad elevato consumo energetico e di prodotti chimici non è più possibile e indica, come via d’uscita uno sviluppo rurale e agricolo sostenibile, un utilizzo delle risorse rispettoso dell’ambiente, mettendo in primo piano la sovranità e la sicurezza alimentare per tutti i popoli.
Il problema dell’agricoltura sostenibile, dell’accesso alla terra e della possibilità di vendere i prodotti a un giusto prezzo ai consumatori del proprio territorio, riguarda tutti i produttori del Nord e del Sud del mondo. L’abbandono delle terre e le migrazioni sono fenomeni sempre più gravi.
Quale difesa dei produttori locali, dell’agricoltura familiare per il diritto alla sovranità alimentare?
Quali politiche economiche per contrastare le speculazioni e la volatilità dei prezzi alimentari?
Quali misure per difendere i propri territori, la terra dalle speculazioni dei grandi interessi?

RE.TE.-ONG aderente al Consorzio delle ONG piemontesi (COP), il COMITATO ITALIANO SOVRANITA’ ALIMENTARE (CISA), impegnati nell’affermazione dei diritti umani, nel sostegno dei produttori locali per uno sviluppo sostenibile nel mondo.
COLDIRETTI organizzazione degli imprenditori agricoli che valorizza l’agricoltura come risorsa economica, sociale ed ambientale

parteciperanno al convegno:
R. Chiabrando: Presidente Coldiretti
M.Balagna: Assessore Agricoltura Prov. Torino
M.Guindo: Produttore, Responsabile P.D.Co Mali
A. Corsi: Facoltà di Agraria - Torino
B. Boveri: Presidente Slow Food Piemonte
C. Giorno: Associazione Habitat
D.Martina:Produttore Piemonte - Scuola Malva
N. Casciaro: RE.TE. Ong
L'associazione
Almateatro proporrà brani tratti dallo spettacolo teatrale "SPEZIE" A conclusione aperitivo con prodotti tipici

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venerdi 4 novembre 2011 ore 9
Politecnico, aula Perucca, Dipartimento di Fisica, c.so Duca degli Abruzzi, 24

Transizione verso una società a 2000 watt: una sfida possibile?

Seminario con Marco Morosini, Politecnico Federale di Zurigo, curatore di Futuro Sostenibile (Edizioni Ambiente). Introduce Angelo Tartaglia

Con il supporto di DIFIS (Dipartimento di Fisica) e DENER (Dipartimento di Energetica) del Politecnico di Torino.

Il complesso problema energetico attuale di progressivo esaurimento delle risorse fossili, l’imperativo ambientale di riduzione di emissione di gas climalteranti e l’esigenza di garantire l’accesso ai servizi energetici a fasce sempre più ampie della popolazione mondiale, trova come principale risposta mainstream l’uso massiccio di risorse energetiche rinnovabili e di misure di efficienza energetica. Solo la Svizzera ha scelto la via eretica della riduzione drastica dei consumi energetici, infrangendo così il dogma delle società industrializzate che associa benessere e consumi. E’ infatti da una decina d’anni che al Politecnico di Zurigo si progetta la transizione verso una società che dagli attuali 6000 watt di flusso medio di potenza pro capite per tutti i fabbisogni energetici, passi a 2000 watt nel 2050. Questa sfida, oltre ai notevoli contenuti tecnologici, sarà di natura culturale e politica: dovrà infatti ribaltare un paradigma profondamente radicato nell’immaginario umano per portare ad associare la nozione di progresso ad una riduzione fisica dell’uso delle risorse materiali ed energetiche. Questa trasformazione, inoltre, non sarà percorribile se non in presenza di una chiara ed univoca pianificazione pubblica che sostenga ed indirizzi i passi necessari per conseguire una riduzione di due terzi dei consumi energetici attuali. Marco Morosini illustrerà i fondamenti di questo progetto, le sue modalità di attuazione e lo stato di avanzamento in alcune realtà svizzere.
Per approfondimenti:
MMorosini crisi economico sociale 9-2011

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Torino, lunedì 7 novembre 2011 ore 20

Fondazione Fulvio Croce Via S.Maria 1

International Help Onlus www.internationalhelp.it

Guido Donati e Pier Paolo Strona presentano il loro libro:

"Nel Giardino delle Meraviglie, una passeggiata all'ombra delle Variazioni Goldberg di J.S. Bach". Trauben, Torino, 2008

I fondi raccolti nella serata verranno destinati alle attività umanitarie di International Help, attualmente impegnata in Afghanistan, a Cuba, in Etiopia e in Guatemala. Ingresso libero fino a esaurimento posti (100).

"Le Variazioni Goldberg di J.S. Bach sono un vero e proprio giardino delle me­ra­vi­glie in cui abbandonarsi e perdersi trovando stimoli per riflessioni e scoperte che vanno al di là delle sensazioni che il loro semplice ascolto può far nascere in cia­scuno di noi. Nel libro gli autori passeggiano tra i viali di questo giardino, esplo­randolo nella massima libertà e spaziando dalla musica alla natura, alla sto­ria, all’architettura e all'espressione artistica in generale". Alla presentazione, con proiezione di immagini, segue un concerto dedicato alle Varia­zioni Goldberg, in cui gli autori si alternano alla tastiera, Pier Paolo Strona suo­nando alcune tra le Variazioni Goldberg così come J.S. Bach le ha scritte, e Guido Donati improvvisando liberamente su di esse.

Guido Donati è Professore d’organo e composizione organistica al Conservatorio Sta­tale di Musica “Giuseppe Verdi” di Torino. Attivo come concertista d’'organo, di clavicembalo e fortepiano si dedica tanto al repertorio classico quanto al jazz e all'’improvvisazione in generale. Come compositore ha scritto circa un centinaio di opere musicali per diversi tipi di strumenti, tra cui anche un balletto e due con­cer­ti per organo e orchestra. Come musicologo ha sviluppato uno studio sulle tecni­che di costruzione dei canoni.

Pier Paolo Strona si è dedicato ad attività in campi diversi ma sempre con lo stes­so spirito esplorativo e di ricerca. Ingegnere civile ricercatore nel campo dei mo­delli numerici per l'analisi strutturale; fotografo d’'arte, ha realizzato alcuni libri e calendari; concertista di pianoforte, con un repertorio che va dalla letteratura clas­sica al ragtime di S.Joplin, dalla musica latino-americana a quella asiatica di G.I. Gurdjieff, è attivo in Italia e all'’estero e ha registrato alcuni CD tra cui anche le Variazioni Goldberg di J.S. Bach.