venerdì 23 dicembre 2016

Il clima più caldo, ma forse si va verso il picco delle emissioni?



Il 2016 è l'anno record per l'incremento della temperatura e nell'Artico la situazione è drammatica. Tuttavia l’impegno climatico inizia a dare dei risultati, tanto che le emissioni negli ultimi tre anni si sono stabilizzate, anche con una crescita annua del Pil del 3%. Quali le variabili in gioco?


di Gianni Silvestrini *


Il 2016, anno record con una temperatura di 1,4 °C sopra la media del secolo scorso, si chiude con sbalzi termici decisamente anomali. Al Polo Nord a novembre si sono registrati valori mensili di 10 °C superiori rispetto alla media e a Natale in alcune parti dell’Artico si raggiungeranno valori di 20 °C oltre la norma


A fronte di questi segnali preoccupanti, l’impegno climatico inizia a dare risultati interessanti e, per molti osservatori, imprevedibili. L’Accordo di Parigi, ratificato a tempo di record, ha resistito alla nomina di Trump e sta comportando un’accelerazione delle politiche di molti paesi. Ma non del nostro …

Un dato evidenzia con chiarezza i cambiamenti in atto. Le emissioni mondiali di CO2, che tra il 1990 e il 2014 erano cresciute del 63%, negli ultimi tre anni si sono stabilizzate, malgrado una crescita annua del Pil del 3% (vedi nel grafico l'andamento delle emissioni antropiche di CO2 su scala mondiale - Fonte: Global Carbon Project).


Il merito di questo disaccoppiamento va ai due paesi principali emettitori: la Cina, che ha registrato una riduzione delle emissioni dello 0,7% nel 2015 e dello 0,5% nel 2016, e gli Usa con un calo del 2,6% nel 2015 e dell’1,7% quest’anno. Il paese posizionato al terzo posto per le emissioni, l’India, vive invece ancora una fase di rapida crescita della CO2 (+5,2% nel 2015). Ma anche in questo paese, che ha ormai raggiunto la Cina per numero di abitanti, le cose stanno cambiando. Nel piano energetico indiano pubblicato questa settimana si sono alzati notevolmente gli obiettivi delle fonti rinnovabili: la potenza installata potrebbe infatti raggiungere nel 2027 il 54% del totale, un valore molto più elevato rispetto a quanto annunciato solo un anno fa a Parigi.  Dopo il 2022, inoltre, verrebbe bloccata la costruzione di nuove centrali a carbone.


Lo stallo delle emissioni mondiali è strettamente connesso con il calo dei consumi di carbone e con il continuo boom delle rinnovabili. Le prime stime globale del 2016 sull’eolico indicano una nuova potenza di 60 GW che si somma ai 433 GW installati a fine 2015. Ancora più brillante la situazione del fotovoltaico che, con una potenza di 77 GW, registra una crescita del 34% sui valori del 2015. La riduzione dei prezzi e l’irruzione del digitale non farà che accelerare la “valanga rinnovabile” nei prossimi anni, con un baricentro destinato ad allontanarsi sempre più dai paesi industrializzati e con il rafforzamento del dominio cinese. Una centralità che il gigante asiatico ha rapidamente conquistato anche su molti altri fronti, come su quello della mobilità elettrica, con 650.000 autoveicoli su strada a fine anno, contro i 630.000 della UE e i 560.000 degli Usa. La Cina, pur con tutte le sue contraddizioni, si sta dunque accreditando sempre più come leader della battaglia climatica. Bisognerà capire se, con la fine della presidenza Obama e l’inevitabile abbandono dell’alleanza con la Cina, l’Europa riuscirà a sostituire gli Usa nella coppia di punta della transizione energetica. Dopo la tornata delle elezioni del 2017 si capirà se la UE saprà mantenere la barra dritta.


Tornando ad osservare la scena mondiale, si potrebbe pensare alla luce delle rapide evoluzioni in atto che il picco delle emissioni sia già stato raggiunto. Un dato che consentirebbe di rispettare l’obiettivo dei 2 °C.  Ma la situazione è ancora incerta, anche in vista della presidenza Trump. Non tanto perché questa possa rallentare la crescita delle rinnovabili, ma per l’accelerazione sul fronte dei fossili che determinerà una riduzione dei prezzi di gas e petrolio (sul carbone il neopresidente Usa vedrà invece la sua prima sconfitta) e per l’allontanamento dell’adozione di una carbon tax. Dovremo verificare l’andamento dei prossimi 3-5 anni per capire se quello attuale è uno stallo momentaneo cui seguirà un incremento delle emissioni o se effettivamente si è raggiunto un tetto cui seguirà una riduzione della CO2 emessa.

* da www.qualenergia.it , 23 dicembre 2016

martedì 13 dicembre 2016

Le grandi isole di Barcellona



 di Francesca Comotti * 

Se c’è una cosa che non manca alla città catalana, è la capacità di mettersi in gioco. La Giunta guidata dalla sindaca Ada Colau mantiene le promesse lanciate in campagna elettorale: “Urbanistica a vocazione sociale”, uno degli slogan del programma del partito Barcelona en Comú, si traduce nella ferma decisione d’investire in attenzione concreta ai residenti, soprattutto nei quartieri meno agiati, e abbandonare le opere faraoniche o il primato dell’investitore privato e del turista come referente del business cittadino


Tra le “ossessioni” dell’attuale sindaco, oltre alle pari opportunità per gli abitanti e le case popolari, c’è quella di limitare la presenza del traffico su gomma, che al momento occupa il 60 per cento dello spazio pubblico, e ridurre così del 30 per cento le emissioni di anidride carbonica. Così, il Comune ha deciso di prendere in mano un progetto promosso da amministrazioni precedenti e riguardante niente meno che il ripensamento dell’idea di città, con il pedone come protagonista.

L’idea dei macro-isolati non è nuova a Barcellona: il primo fu istituito nel 1993 vicino alla Chiesa di Santa Maria del Mar, nel quartiere del Born, a cui seguirono altri due a Gràcia nel 2005; ma il primo progetto risale al 1987 ed è ascrivibile a Salvador Rueda, attuale direttore dell’Agenzia di ecologia urbana della città. La sindaca Colau ne ha fatto una priorità, ha stanziato 10 milioni e la prima Superilla è già stata inauguarata nel quartiere Poblenou. Secondo la definizione che ne dà il Comune, il Programma Superilles “Riempiamo di vita le strade” (2016) è un progetto di città rivolto al miglioramento della vita delle persone. Tutto ruota intorno alla messa a punto di un modulo in grado di configurare nuovi spazi di convivenza, secondo un modello organizzativo del tessuto urbano pensato in primis per i residenti. Un’opportunità per favorire la mobilità sostenibile, la produttività, il verde e la biodiversità, così come gli spazi di sosta per il pedone. L’idea consiste nel definire il perimetro d’un insieme d’isolati che deve assorbire la maggior parte del traffico privato e pubblico, mentre l’interno viene destinato ad uso esclusivo di residenti, pedoni e biciclette.  In pratica, l’attuale Superilla è un modo differente di distribuire la mobilità, studiato ad hoc per la trama urbana definita nell’Ottocento da Ildefonso Cerdà: in un ambito formato da nove isolati, il traffico veicolare viene deviato in modo da evitare il transito all’interno della zona vedendosi obbligato a tornare verso le strade perimetrali del macro-isolato. Al suo interno le auto circolano a dieci chilometri all’ora su un’unica corsia, con l’obiettivo di ridurne al minimo i passaggi. Vengono eliminati i parcheggi negli incroci e così si liberano circa 2.000 metri quadrati che restano ad uso praticamente esclusivo dei pedoni. Anche le strade interne alle Superilles si trasformano in luoghi più accessibili al pedone, oltre che meno rumorosi, più verdi e gradevoli, in linea con la vocazione della città mediterranea.

Josep Maria Montaner, regidor del distretto di Sant Martì [a Barcellona ciascuno dei dieci quartieri in cui è suddivisa la città ha una sorta di “sottosindaco” che fa a sua volta riferimento alla sindaca Colau; nda], dove a settembre è stata inaugurata la prima Superilla, è tra i ferventi sostenitori del progetto: l’obiettivo è coinvolgere il 58 per ceno delle strade e aumentare di 380 ettari gli spazi verdi del quartiere. Secondo Montaner, il macro-isolato del Poblenou è da intendersi come un esperimento, come banco di prova per verificarne il funzionamento ed eventuali criticità, con un investimento tutto sommato modesto (55.000 euro). La consigliera per l’urbanistica della Municipalità, Janet Sanz, ha affermato in diverse occasioni che questi cambiamenti saranno realizzati gradualmente mediante azioni di tipo reversibile, con l’imprescindibile partecipazione dei residenti, secondo un’idea di “democrazia aperta” imprescindibile per questa giunta: l’uso dei nuovi spazi deve essere deciso in collaborazione con i residenti, attraverso diverse modalità di confronto.

Coraggiosa e trasparente, da parte del Comune, è la scelta di rendere noti, in un documento pubblicato lo scorso ottobre, i risultati delle considerazioni espresse dai vari collettivi coinvolti nella consultazione popolare in seguito all’inaugurazione della Superilla del Poblenou. Decine di proposte e critiche raccolte in occasione della giornata aperta di valutazione del progetto, dei dibattiti cittadini tenutosi sul posto, delle riunioni dell’Amministrazione con enti, imprese, scuole con sede nel quartiere, oltre a quelle raccolte in un’apposita cassetta.

Anche circa duecento studenti delle Scuole di Architettura cittadine sono stati coinvolti per redigere proposte. I dati raccolti sono ora al vaglio dell’Amministrazione, che è disposta a modificare il modello iniziale laddove risultasse meno soddisfacente del previsto ma che assicura che questa Superilla è solo la prima di una lunga serie.

* da  comune-info.net  - 11 dicembre 2016 

Fonte:  eddyburg  ilgiornaledell’Architettura (con il titolo Barcellona, tutti pazzi per le “Superilles”)