giovedì 24 febbraio 2022

Alternative in Italia: Cosa viene dopo il Movimento 5Stelle (III)

 - terza parte: Movimento 2050 o altri protagonisti: L’alternativa è ecologista e solidale e non sta né a destra né a sinistra.

di Massimo Marino

All’inizio degli anni ’80, provenendo dalla galassia radicale del ’68, il mio impegno si rivolse con grande intensità alla fase nascente dei movimenti ambientalisti, dedicato in particolare alla battaglia contro il nucleare. Come tanti trovai naturale l’impegno nelle nascenti Liste Verdi che presto diventarono un movimento politico nazionale con l’adesione di centinaia di gruppi da tutte le regioni italiane (Finale Ligure - 16 novembre 1986, Cinema Ondina). Esattamente un anno dopo con il voto di 30 milioni di italiani tre referendum decisero l’abbandono di fatto dello sviluppo del nucleare in Italia. Pochi ricordano che le prime bozze del primo Piano Energetico Nazionale prevedevano per l’Italia la opzione nucleare con ben 61 impianti da costruire. 

Negli anni successivi la nascente Federazione dei Verdi indicò fra i propri impegni basilari quattro punti di rilievo:

1)          Il dissenso verso il finanziamento pubblico dei partiti a cui si rispose all’inizio decidendo un uso prevalente delle proprie risorse per “progetti sociali e ambientali” invece della fruizione interna alla Federazione. 

2)          Il dissenso verso il professionismo politico limitando a due mandati la possibilità di elezione, comprese ipotesi di rotazione a metà mandato, l’assenza di capilista con qualche eccezione e l’ordine alfabetico per mettere tutti alla pari. Naturalmente avvenne che non tutti ruotavano e che nei primi anni quasi tutti gli eletti in Comuni, Regioni e ove erano possibili le preferenze, avevano il cognome che iniziava con una A o una B.

3)          Fin dall’inizio i Verdi sostennero che l’ambientalismo non era né di destra né di sinistra. Alex Langer, probabilmente il più significativo leader che l’ambientalismo ha avuto nell’occidente europeo, in più occasioni aveva sostenuto che i verdi sono rivoluzionari e progressisti per certi aspetti e conservatori e moderati per altri. Mai estremisti o massimalisti ne nazionalisti o reazionari, sempre pacifisti, non violenti e dialoganti. Nel suo impegno nel Parlamento Europeo si distinse per la volontà di dialogare con tutti senza preclusioni ma tenendo sempre ben fermo il proprio punto di vista e la propria autonomia culturale. Quando a metà degli anni ‘90 scomparve prematuramente togliendosi la vita, la crisi dei verdi assunse un ritmo più veloce.

4)          Il dissenso verso la nomina di ristretti vertici o di un unico capo politico fu risolto con la elezione annuale di undici coordinatori nazionali eletti nelle assemblee nazionali (di fatto dei congressi). Erano espressione di mozioni differenti presentate da gruppi di delegati provenienti dalle assemblee regionali. Venni eletto fra gli undici coordinatori e per un anno massacrante mi dedicai, oltre che alla nascita di nuovi gruppi nei principali comuni del Piemonte che arrivarono a circa 60, all’ incarico datomi di ricucire rotture e tensioni fra i verdi diffuse in varie realtà locali di diverse Regioni. Nei primi anni il successo dei Verdi sembrava inarrestabile e nuove adesioni arrivavano da tutte le direzioni, compresi ex appartenenti ad altri partiti. L’altro incarico datomi fu quello di ricucire i rapporti con le principali associazioni ambientaliste nazionali (Lega Ambiente, WWF, Italia Nostra..) che erano pessimi. Per alcuni mesi il confronto, in lunghe riunioni domenicali, sembrò proficuo, arrivando ad una bozza di intenti comuni che però non ebbe seguito. Quando si rinnovarono i coordinatori l’anno dopo, con sorpresa di molti, non venni rieletto: primo degli esclusi. Rammendare le fratture non fa molti amici alla fine. Successivamente nel 1990 venni eletto nel consiglio regionale del Piemonte, diventando poi assessore all’ambiente, ma nel frattempo dopo quasi dieci anni di impegno il mio entusiasmo per i Verdi, la cui autonomia e visione politica si affievolivano, era al termine.  

Nella prima partecipazione alle elezioni politiche del 1987 i verdi ottennero alla Camera il 2,5% con 13 eletti di cui 7 donne. Alle elezioni europee del 1989 si ebbe il massimo risultato della loro storia con il 3,9% e tre eletti (Alex Langer, Gianfranco Amendola, Enrico Falqui). Un'altra lista appena nata (i Verdi Arcobaleno), costituita perlopiù da esponenti di provenienza radicale e demoproletaria, ottenne il 2,4% e due eletti (Adelaide Aglietta e Virginio Bettini).  Nel dicembre del 1990, con grandi tensioni e dissidenze interne, le due aggregazioni, con un accordo malriuscito si unirono, mantenendo in gran parte il simbolo del sole che ride. Ma la fase virtuosa dei primi anni sembrava già in calo. Gli impegni originari vengono progressivamente abbandonati. Di fatto si abolisce la regola dei due mandati, si accede al finanziamento pubblico, i coordinatori sono sostituiti da un “capo politico” detto Portavoce e più tardi Presidente. Il primo è Ripa di Meana nel marzo 1993, ex socialista che poco c’entra con la storia dei Verdi, il secondo nel novembre 1996 l’indipendente di sinistra Luigi Manconi, del tutto inadatto al ruolo, che si dimette presto dopo il disastroso risultato delle elezioni europee del 1999 con l’1,8%, poi aderirà al PD). Nel 1994, a meno di 10 anni dal loro esordio, la vicenda dei verdi sembra già conclusa. Determinante l’introduzione del sistema maggioritario (grazie a Pannella e Segni ma soprattutto ai due partiti principali in crisi DC e PDS che costringono gli altri alle coalizioni pre-voto). Già nel 1990 i tre referendum promossi dai verdi, su caccia e pesticidi, privi di una sufficiente aggregazione sociale che li sostenesse, non raggiungono il quorum. Nel 1992 alle politiche i verdi ottengono alla Camera il 2,8%, nel ’94 il 2,7%. L’Alleanza dei Progressisti (PDS, Rifondazione, La Rete, Alleanza Democratica e Verdi) viene divorata dal sistema maggioritario che segna il trionfo del centrodestra di Silvio Berlusconi. Come spesso avviene in Italia i partiti si dissolvono ma non muoiono. I verdi sopravvivono, ai margini della scena, ma ottenendo anche qualche ministro nei governi “ulivisti” di centrosinistra. Qualcuno fra gli esponenti più noti in quanto parlamentari comincia a migrare verso altri partiti, perlopiù verso l’attuale PD, ma tranne pochissimi che si garantiscono un qualche futuro politico personale, spariranno in pochi anni. In più la evidente crisi dell’ambientalismo politico, che sembrava prima inarrestabile, li rende meno appetibili. Addirittura, si assiste al fenomeno opposto. Evapora il supposto peso elettorale dei pochi “ambientalisti” (provenienti da Legambiente) presenti nel PD, che non trovano più spazi nelle liste e fuoriescono dal partito, alcuni formando un piccolissimo gruppo ancora esistente (Green Italia) che non riesce neppure ad unirsi con l’altro partitino dei Verdi dopo 15 anni almeno. Insomma in pochi anni le trasformazioni interne ( l’abrogazione totale dei due mandati, il capo politico, il finanziamento pubblico assolto e accolto, la rinuncia all’autonomia e la trasformazione in cespuglietto ulivista del centrosinistra, catalizzatori anche di qualche aspetto di narcisismo individuale e di trasformismo ) e quelle esterne ( l’imposizione del maggioritario, le conseguenti coalizioni pre-voto, l’occupazione totale del sistema dei media dopo Mani Pulite),  hanno azzerato non solo la vecchia sinistra radicale ma anche gli ecologisti che si sforzavano all’inizio di mantenere la loro identità di difensori dell’ambiente e del pianeta pur se assenti su molti altri temi.

Qualcuno penserà: ma che c’entra questo bignamino sulla vita e morte dei verdi italiani con i problemi di oggi dell’alternativa che potrebbe esserci ma non c’è?

C’entra eccome. Intanto è impressionante la somiglianza fra le aspirazioni della fase nascente degli ambientalisti degli anni ’80 e di quella dei grillini di 30 anni dopo. Somiglianza in obiettivi ed impostazioni, nella difficoltà a mantenere coerenza con l’impostazione originaria, nei nodi che sembrano irrisolvibili ed anche nei clamorosi errori e nell’ incapacità di impedire di essere mangiati in pochi anni dalle sirene seducenti di un sistema politico in realtà boccheggiante e privo di qualunque volontà di innovazione riformatrice della società italiana. Difficoltà e nodi, in parte comuni anche ai gruppi di alternativa della sinistra, la cui mancata soluzione e gestione hanno portato e possono portare all’irrilevanza. La loro soluzione virtuosa a mio parere è la chiave per permettere una reale alternativa. Affronto perciò qui alcuni temi che mi sembrano irrinunciabili e decisivi.

1)           Non si possono mantenere equivoci sul sistema elettorale, questione che ha scarso appeal e difficile comprensione per molti, ma grandi effetti sul sistema politico, quindi sulla società, ed anche una forte valenza etica. Di solito, con grande confusione, si parla di due diversi possibili modi di garantire la rappresentanza delegata: maggioritario e proporzionale. È mia opinione che pur esistendo numerosi sistemi di voto di tipo maggioritario (collegi uninominali, premi al vincitore o alle coalizioni pre-voto, doppio turno per due o più concorrenti più votati, listino pre-voto per chi vince, quota di seggi predefiniti o variabili) tutti hanno in comune una distorsione del voto che impedisce la rappresentanza di una parte dei voti espressi e la capovolge a favore di altri che spesso rappresentano esattamente il contrario. In Italia si è arrivati anche a 4-5 milioni di voti negati e riassegnati ad altri.  In pratica il tuo voto viene cancellato e viene attribuito ad un altro (la differenza fa 2!). Il maggioritario è sostenuto sempre da chi vuole garantire la stabilità di un sistema e impedire qualunque cambiamento se non è circoscritto ai pochi (in genere due con al massimo vari gregari subalterni) che si mettono d’accordo per truccare il gioco. E’ giustificato con varie argomentazioni, una più strampalata dell’altra, che abbiamo tante volte sentito: garantire la governabilità, sapere la sera del voto chi ha vinto (!), impedire la frammentazione (!!) etc... In Italia esistono, in particolare dal 1994, almeno otto sistemi elettorali diversi (per Municipi e Circoscrizioni comunali, Comuni grandi e Comuni piccoli, Provincie, Regioni, Camera, Senato; tutti diversi fra loro ma con una componente di tipo maggioritario che rende incomprensibile per il 99% degli elettori quali possono essere le conseguenze del suo voto (da qualche anno ogni Regione ha la sciagurata facoltà di modificare in parte il proprio sistema elettorale). Sono così fioriti l’Italicum, il Porcellum, Il Rosatellum, l’elezione diretta dei Sindaci con possibile ballottaggio e quella diretta dei presidenti di Regione. Con centinaia di sigle e listarelle, spesso inventate a supporto del gioco bipolare, di cui gli elettori neppure conoscono la consistenza, che quasi sempre non eleggono nessuno. Fa eccezione il sistema alle Europee, un proporzionale come per tutti gli altri paesi, da noi con cinque grandi collegi, le preferenze assenti in altri casi (questione irrilevante che viene di solito ingigantita) e un quorum al 4%.

Sul proporzionale invece, a parte la disinformazione, esiste qualche problemino da capire bene. I media parlano di proporzionale puro ma non spiegano quale intendono. Non capisco se lo fanno apposta o si tratti di semplice superficialità. Quello puro andrebbe inteso senza quorum o con quorum bassissimo. Apparentemente è sostenuto solo da alcuni leaderini di piccoli partiti per due motivi: tirare a campare prendendo all’infinito l’1-2% e come alleati, pur se di peso limitato, dei partiti maggiori; qualcosina si ottiene sempre. Quello che invece fa paura è un proporzionale serio, regolato con un quorum significativo, in genere il 5%, per due ragioni; spazza via i cespuglietti dei due poli che scomparirebbero rapidamente con i loro piccoli leader, impone aggregazioni serie fra i tanti gruppi con punti comuni, oggi restii a fare politica insieme. Sono convinto che in Italia si risolverebbe quella singolare anomalia del presente per cui di fatto non esistono con un qualche peso né una sinistra radicale che si esercita da venti anni nel dividersi in frammenti innumerevoli, né una forza ecologista che sarebbe fondamentale, da tempo preclusa dall’ostruzionismo dei leaderini verdi che con discrezione operano per mantenere le tematiche ambientali nella loro piccola nicchia irrilevante.

Il proporzionale con quorum al 5% eliminerebbe la frammentazione e farebbe crescere rapidamente sia una nuova sinistra radicale matura sia anche un soggetto ecologista di rilievo. Due protagonisti di cui l’Italia e l’alternativa avrebbero bisogno anche se non sono risolutivi da soli per un cambiamento del sistema politico. Così è avvenuto negli anni ’80 in Germania dove molte decine di gruppi di alternativa, dopo un duro scontro sociale durato anni (contro il nucleare, la precarietà sociale e abitativa e la qualità della vita nelle grandi città) hanno ad un certo punto deciso di darsi un'unica rappresentanza, unendosi anche con forze della ex Germania est. E’ nata così un'unica aggregazione politica, i Grünen, che in pochi anni è entrata in Parlamento ( Alleanza’90/IVerdi ) e nei Lander. Oggi governa anche grandi città come protagonista egemone. Nel corso degli anni ’90 fino ad oggi i Grünen sono diventati stabilmente uno dei 3-4 soggetti politici più importanti del paese. Il sistema elettorale tedesco, proporzionale con la soglia del 5%, rispettoso della rappresentanza e della stabilità è a mio parere quello più funzionante del mondo. 

2)           La conversione del movimento grillino nel nuovo Movimento 2050 di Conte e i suoi risultati dipenderanno inevitabilmente dalla collocazione che si darà nel sistema politico. Se si legge il quadro politico di riferimento esclusivamente come un foglio piatto dove esiste una destra e una sinistra, la vicenda di Conte è chiusa in partenza. Tutti i movimenti in qualche modo di alternativa radicale e riformatrice che si sono alleati stabilmente e in forma subalterna in questo schema, in genere con accordi rigidi con la cosiddetta socialdemocrazia, sono stati ridimensionati o azzerati in poco tempo. Ne sono esempi l’alleanza Verdi e Socialisti in Francia del 2012, l’alleanza di Podemos con i Socialisti in Spagna, le coalizioni uliviste italiane, ancora di recente un mese fa il tracollo dei due partiti che sostenevano un governo socialista minoritario in Portogallo; in qualche modo la stessa componente socialista radicale di Sanders e amici nei democratici in USA che non conta praticamente nulla.  I movimenti di alternativa devono avere la loro collocazione naturale in un centro radicale con grande capacità riformatrice che è esattamente il contrario del moderatismo centrista che oggi non ha in genere alcuno spazio politico. La società quindi non può essere letta come un foglio piatto ma, azzardando una lettura geometrica, come uno spazio cartesiano dove un centro moderato e un centro radicale stanno verticalmente agli opposti. Guarda caso i Grünen tedeschi che si ritengono di certo “progressisti” di volta in volta in base ai punti di programma ed al progetto scelgono se e con chi allearsi, dalle Città, ai Lander, al Parlamento. E tutto sommato sono gli unici sopravvissuti nell’intero Occidente.

Nel nostro paese i precari schieramenti di centrodestra e centrosinistra costituiscono in realtà una grande palude, quasi sempre indifferente, come minimo, sia alle emergenze ambientali e climatiche del nuovo secolo, sia alla precarietà sociale ed economica di parti consistenti della società e sia al dilagare di corruzione e clientelismo. Il limite sta nei loro referenti sociali e nell’alleanza fra un ceto medio per lo più garantito in buona parte da apparati statali, gruppi di clientele, fino a gruppi di tipo mafioso o come minimo evasori fiscali stabili e un sistema economico-industriale-finanziario con la testa e il portafoglio rivolti verso il secolo scorso e chiuso a processi riformatori ecosostenibili e solidali che ci offrirebbero un nuovo modello economico e darebbero buone speranze alle nuove generazioni. Oggi dovremmo avere 100mila cantieri di fotovoltaico aperti al mese sui tetti delle case e centinaia di km di metropolitane in costruzione urgente nelle 30 principali città italiane. Dopo il reddito di cittadinanza che è da allargare ad alcuni ambiti sociali esclusi dalla Lega nel ConteI, dovremmo arrivare finalmente ad un salario minimo orario almeno decente contrastando il dilagare del lavoro nero. Abbiamo invece un ministro dell’ambiente che si diletta a raccontarci la favoletta delle minicentrali nucleari, che espande le trivelle come se questo portasse a calmierare il costo dei fossili invece di superarli. E sul salario minimo, come sulle regole elettorali c’è un muro discreto e silenzioso di forze diverse che precludono qualunque innovazione. In varie occasioni la società italiana ha mostrato la disponibilità al cambiamento. Ad esempio con il referendum sul nucleare riconfermato nel 2011, con il no alla riforma costituzionale di Renzi del 2016, come anche con il voto politico del 2015 e del 2018.

Quindi una forza di progresso che occupi il centro del sistema politico e imponga un diverso sistema elettorale di rappresentanza sociale non può che essere solidale cioè avere un referente sociale determinante negli strati più precarizzati della società ed ecologista cioè proporre un percorso di conversione dell’economia che garantisca il futuro delle nuove generazioni. Se il rispetto della Costituzione e della Democrazia sono pilatri basilari, è invece indispensabile elaborare un progetto autonomo e di impegno istituzionale sui temi essenziali, evitando di galleggiare senza opinioni proprie nella palude. Non essere né di destra né di sinistra non vuol dire affatto oscillare come un pendolo di volta in volta di qua e di la, ma esprimere un proprio punto di vista compreso e sostenuto nella società tanto da diventare il polo di attrazione su cui verificare le possibili alleanze ed il livello accettabile di compromesso. Almeno in questa fase storica non servono per forza interlocutori e alleanze obbligate.

3)            L’esperienza del governo Conte 1 e Conte 2 ce lo insegna. In una situazione di potenziale egemonia i grillini hanno ottenuto molti più risultati nella fase iniziale del governo con la Lega che nel Conte 2 con il PD. Ed oggi in un eccesso di realpolitik e nel “governo di tutti” la perdita dell’egemonia porta alla crisi ed alla totale paralisi delle loro proposte. Già ho citato il blocco della loro proposta di legge elettorale, di quella sul salario minimo orario, quella sul potenziamento diffuso delle rinnovabili, ma anche l’assenza totale di proposte sul problema dei migranti dove la costruzione di corridoi umanitari che sostituiscano e debellino gli scafisti e impediscano l’immigrazione clandestina, non procede se non come esperimento di piccole comunità religiose invece che come progetto umanitario ed economico dello Stato ( vedi qui).

 
Mi sembra che l’eventuale Movimento 2050 di Conte abbia un qualche futuro se ha il coraggio di difendere una propria totale collocazione autonoma, di arrestare una illusoria deriva di centrismo moderato di qualche ministro che non ha alcuno spazio nella società italiana né tanto meno alcuno spazio elettorale, di contrastare l’azione diffamatoria dei media, invece di subirla o maledirla,  imponendo la centralità dei propri obiettivi e costruendo sedi idonee a definire quelli che ad oggi sono troppo nebulosi o incomprensibili. Mi sembra scontato che la ricomposizione con Di Battista e alcuni altri, un ricambio significativo dei quadri (che tanto avverrà comunque perché in buona parte emigreranno o spariranno), l’organizzazione su basi regionali e nuove campagne di adesione, accanto alla riconquista di una totale autonomia, siano i requisiti di una difficile sopravvivenza.

A me pare che in giro al momento non c’è altro. Nella sinistra e negli ambientalisti ad oggi purtroppo la visione si ferma alla speranza che la crisi grillina porti i loro partitini dall’1-2% al 2-3%. L’innovazione politica e la volontà di aggregazione mi sembrano vicini a zero, sull’eccesso di narcisismo e trasformismo, come sui loro esiti fallimentari, non c’è nemmeno una riflessione in corso. La generazione nata nel secolo scorso ha ancora poche carte per riscattarsi e inventare una prospettiva di alternativa. Che altrimenti sarà a carico fra dieci anni delle nuove generazioni nel mezzo della crisi.

leggi anche:

Alternative in Italia: Cosa viene dopo il Movimento 5Stelle (I) (Massimo Marino - febbraio 2022 )

Alternative in Italia: Cosa viene dopo il Movimento 5Stelle (II) ( Massimo Marino – febbraio 2022)

 

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