di Giorgio Faraggiana
I grattacieli sono edifici che producono spreco di volumetrie interne e sono ad alto consumo energetico. Nell’infelice scelta tipologica dell’edificio Intesa-Sanpaolo, di cui sta iniziando la costruzione e che avrà un’altezza di 180m, circa il 30% del volume interno è riservato alle strutture occorrenti per gli spostamenti verticali tra ascensori, pianerottoli e scale. Dal punto di vista energetico la soluzione adottata - che ha le superfici esterne completamente vetrate - richiede un enorme consumo per il raffrescamento estivo. Paradossalmente l’energia necessaria per il raffrescamento è, per un edificio di questo tipo, enormemente superiore a quella richiesta per il riscaldamento invernale. Alcuni accorgimenti che dovevano essere innovativi – doppia pelle vetrata e doppie solette – si stanno dimostrando inefficaci dal punto di vista applicativo. Infatti la necessità di soddisfare le condizioni di sicurezza all’incendio non consente di utilizzare le ipotizzate correnti ascendenti verticali, che grazie alla convezione naturale avrebbero dovuto convogliare l’aria fresca all’interno dell’edificio attraverso le intercapedini delle solette (il cui spessore di 60cm riduce ulteriormente la volumetria utilizzabile dell’edificio).
Pur di giustificare comunque una scelta, peraltro poco conveniente e funzionale, si è voluto proporre una risorsa energetica a basso impatto ambientale e a tecnologia avanzata. Il progetto del grattacielo infatti prevede l’utilizzo di un impianto geotermico – che sfrutta la temperatura dell’acqua sotterranea - sia per il riscaldamento invernale, sia per il raffrescamento estivo. L’edificio posto in queste condizioni viene dichiarato dai progettisti a consumo energetico nullo. Ma al di là dei pur necessari consumi degli impianti che non sono del tutto trascurabili, molti elementi che stanno emergendo dall’esame per la VIA, condotta dalla conferenza dei servizi della provincia di Torino, rivelano che la progettazione è stata effettuata in modo superficiale e approssimativo e non garantisce l’efficacia nei giorni caldi estivi.
La vicinanza dei 18 pozzi di prelievo e di restituzione dell’acqua di falda infatti può portare a un cortocircuito con rimescolamento delle acque a temperatura diversa: non funzionerebbe in queste condizioni il processo che apporta il vantaggio energetico. Un secondo problema è il rischio che il livello dell’acqua della falda a valle della restituzione si alzi eccessivamente e superi la quota dei binari della soprastante ferrovia.
Non sono questioni di importanza secondaria: nell’incertezza i progettisti sperano di risolvere il problema della restituzione delle acque - la cui portata può raggiungere quasi 10 metri cubi al minuto – immettendola non in falda, ma nella fognatura o nel canale “Valentino”. Con quali conseguenze? Sembra inoltre che, per non correre rischi, hanno comunque aggiunto una soluzione alternativa che prevede una torre d’evaporazione che energeticamente è altamente onerosa.
Noi del comitato “Non grattiamo il cielo”, a fronte di tutte le scelte prive di buon senso, speriamo ancora in un ripensamento che porti a sospendere subito i lavori. Si rifletta anche sul sondaggio appena fatto tra i residenti in città che vede una netta maggioranza di contrari al grattacielo e che, anche tra i favorevoli, riscontra che metà preferirebbero un edificio più largo ma alto quanto il palazzo adiacente della Provincia di Torino.
Per concludere voglio aggiungere che un edificio di questo tipo non avrà vita lunga, occorreranno costose opere di gestione e di manutenzione. Anche gli adeguamenti ai nuovi standard che sono sempre più frequenti si riveleranno proibitivi a causa delle complicazioni dovute all’altezza. Probabilmente converrà demolirlo in tempi molto ravvicinati con tutti gli oneri dello smaltimento dei materiali. Non potremmo imparare qualcosa dall’esempio dello Stadio delle Alpi che dopo 20 anni è stato demolito a causa dei costi di manutenzione troppo elevati?
6 novembre 2010
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