giovedì 6 novembre 2025

Zohran Mamdani: In questo momento oscuro New York sarà la luce

 Stati Uniti Primo discorso nella notte della vittoria: usa l’arabo, cita Debs, Nehru, LaGuardia e persino Mario Cuomo. «Lotteremo per voi, perché noi siamo voi. O come diciamo noi a Steinway nel Queens, "ana minkum wa alaikum" (di voi e per voi)»  

Grazie, amici miei. Il sole sarà anche tramontato sulla nostra città questa sera, ma come disse una volta Eugene Debs: «Vedo l’alba di un giorno migliore per l’umanità». Da sempre, i lavoratori di New York si sono sentiti dire dai ricchi e dai potenti che il potere non appartiene loro. Dita contuse dal sollevare scatole nel magazzino, palmi callosi dal manubrio della bicicletta delle consegne, nocche sfregiate dalle ustioni in cucina: queste non sono mani a cui è stato permesso di detenere il potere. Eppure, negli ultimi 12 mesi, avete osato raggiungere qualcosa di più grande. bStasera, contro ogni previsione, l’abbiamo conquistato. Il futuro è nelle nostre mani. Amici miei, abbiamo rovesciato una dinastia politica.bAuguro ad Andrew Cuomo tutto il meglio nella sua vita privata. Ma che questa sia l’ultima volta che pronuncio il suo nome, mentre voltiamo pagina su una politica che abbandona i molti e risponde solo ai pochi. New York, stasera hai mantenuto la promessa. Un mandato per il cambiamento. Un mandato per un nuovo tipo di politica. Un mandato per una città che possiamo permetterci. E un mandato per un governo che realizzi esattamente questo.

Il 1° gennaio presterò giuramento come sindaco di New York City. E questo grazie a voi. Quindi, prima di dire qualsiasi altra cosa, devo dire questo: grazie. Grazie alla prossima generazione di newyorkesi che rifiuta di accettare che la promessa di un futuro migliore sia un relitto del passato.Avete dimostrato che quando la politica vi parla senza condiscendenza, possiamo inaugurare una nuova era di leadership. Lotteremo per voi, perché noi siamo voi. O, come diciamo noi a Steinway, nel Queens, ana minkum wa alaikum (uno di voi e per voi). Grazie a coloro che sono così spesso dimenticati dalla politica della nostra città, che hanno fatto proprio questo movimento. Parlo dei proprietari di bodega yemeniti e delle abuelas messicane. Dei tassisti senegalesi e delle infermiere uzbeke. Dei cuochi di Trinidad e delle zie etiopi. Sì, delle zie.

A tutti i newyorkesi di Kensington, Midwood e Hunts Point, sappiate questo: questa città è la vostra città, e anche questa democrazia è vostra. Questa campagna riguarda persone come Wesley, un organizzatore del sindacato della sanità 1199 che ho incontrato fuori dall’Elmhurst Hospital giovedì sera. Un newyorkese che vive altrove, che fa due ore di pendolarismo dalla Pennsylvania perché l’affitto è troppo caro in questa città. Riguarda persone come la donna che ho incontrato anni fa sul bus Bx33 Harlem-South Bronx e che mi ha detto: “Un tempo amavo New York, ma ora è solo il posto dove vivo”. E riguarda persone come Richard, il tassista con cui ho fatto uno sciopero della fame di 15 giorni fuori dal municipio, che deve ancora guidare il suo taxi sette giorni su sette. Fratello mio, ora siamo in municipio. Questa vittoria è per tutti loro. Ed è per tutti voi, gli oltre centomila volontari che hanno reso questa campagna una forza inarrestabile. Grazie a voi, renderemo questa città un luogo che i lavoratori potranno amare e in cui potranno tornare a vivere. Con ogni porta bussata, ogni firma raccolta e ogni conversazione conquistata con fatica, avete eroso il cinismo che definiva le nostre politiche. So di avervi chiesto molto nell’ultimo anno. Avete risposto alle mie richieste più e più volte, ma ho un’ultima richiesta da farvi. New York City, respirate a pieni polmoni questo momento. Abbiamo trattenuto il respiro più a lungo di quanto pensiamo. L’abbiamo trattenuto in attesa della sconfitta, l’abbiamo trattenuto perché l’aria ci è stata tolta dai polmoni troppe volte per poterle contare, l’abbiamo trattenuto perché non potevamo permetterci di espirare. Grazie a tutti coloro che hanno sacrificato così tanto. Stiamo respirando l’aria di una città che è rinata. Al mio team elettorale, che ha creduto in me quando nessun altro lo faceva e che ha trasformato un progetto elettorale in qualcosa di molto più grande: non potrò mai esprimere la profondità della mia gratitudine. Ora potete dormire sonni tranquilli. Ai miei genitori, mamma e papà: mi avete reso l’uomo che sono oggi. Sono così orgoglioso di essere vostro figlio. E alla mia incredibile moglie Rama, hayati (vita mia): non c’è nessuno che vorrei avere al mio fianco in questo momento, e in ogni momento.

A tutti i newyorkesi, che abbiate votato per me, per uno dei miei avversari o che vi siate sentiti troppo delusi dalla politica per votare, grazie per l’opportunità di dimostrarmi degno della vostra fiducia. Mi sveglierò ogni mattina con un unico obiettivo: rendere questa città migliore per voi rispetto al giorno prima. Molti pensavano che questo giorno non sarebbe mai arrivato, temevano che fossimo condannati solo a un futuro di declino, con ogni elezione che ci relegava semplicemente a più dello stesso. E altri vedono la politica odierna come troppo crudele perché la fiamma della speranza possa ancora ardere. New York, abbiamo risposto a queste paure. Stasera abbiamo parlato con voce chiara. La speranza è viva. La speranza è una decisione che decine di migliaia di newyorkesi hanno preso giorno dopo giorno, turno dopo turno di volontariato, nonostante gli attacchi pubblicitari. Più di un milione di noi si è recato nelle nostre chiese, nelle palestre, nei centri comunitari, per compilare il registro della democrazia. E mentre abbiamo votato da soli, abbiamo scelto insieme la speranza. La speranza contro la tirannia. La speranza contro il denaro e le idee meschine. La speranza contro la disperazione. Abbiamo vinto perché i newyorkesi hanno permesso a se stessi di sperare che l’impossibile potesse diventare possibile. E abbiamo vinto perché abbiamo insistito affinché la politica non fosse più qualcosa che ci viene imposta. Ora è qualcosa che facciamo noi.

In piedi davanti a voi, penso alle parole di Jawaharlal Nehru: “Arriva un momento, ma raramente nella storia, in cui usciamo dal vecchio per entrare nel nuovo, in cui un’epoca finisce e l’anima di una nazione, a lungo repressa, trova voce”. Stasera siamo usciti dal vecchio per entrare nel nuovo. Quindi parliamo ora, con chiarezza e convinzione che non possano essere fraintese, di ciò che questa nuova era porterà e per chi. Questa sarà un’epoca in cui i newyorkesi si aspetteranno dai loro leader una visione audace di ciò che potremo realizzare, piuttosto che una lista di scuse per ciò che siamo troppo timidi per tentare. Al centro di questa visione ci sarà il programma più ambizioso per affrontare la crisi del costo della vita che questa città ha vissuto dai tempi di Fiorello La Guardia: un programma che congelerà gli affitti per oltre due milioni di inquilini con affitto stabilizzato, renderà gli autobus veloci e gratuiti e garantirà l’assistenza all’infanzia universale in tutta la nostra città. Tra qualche anno, il nostro unico rimpianto sarà che questo giorno abbia tardato così tanto ad arrivare. Questa nuova era sarà caratterizzata da un miglioramento incessante. Assumeremo migliaia di insegnanti in più. Ridurremo gli sprechi di una burocrazia gonfiata. Lavoreremo instancabilmente per far risplendere di nuovo le luci nei corridoi dei complessi residenziali della New York City Housing Authority, dove da tempo tremolano.

Sicurezza e giustizia andranno di pari passo, mentre collaboreremo con le forze dell’ordine per ridurre la criminalità e creare un Dipartimento per la Sicurezza della comunità che affronti direttamente la crisi della salute mentale e quella dei senzatetto. L’eccellenza diventerà la norma in tutto il governo, non l’eccezione. In questa nuova era che ci costruiamo, ci rifiuteremo di permettere a coloro che trafficano nella divisione e nell’odio di metterci gli uni contro gli altri. In questo momento di oscurità politica, New York sarà la luce. Qui crediamo nell’importanza di difendere coloro che amiamo, che si tratti di immigrati, membri della comunità trans, una delle tante donne di colore che Donald Trump ha licenziato da un lavoro federale, una madre single che aspetta ancora che il costo della spesa scenda, o chiunque altro si trovi con le spalle al muro. La vostra lotta è anche la nostra. E costruiremo un municipio che stia al fianco dei newyorkesi ebrei e non vacilli nella lotta contro il flagello dell’antisemitismo. Dove gli oltre un milione di musulmani sappiano di appartenere non solo ai cinque distretti di questa città, ma anche alle stanze del potere.

New York non sarà più una città dove si può fare leva sull’islamofobia e vincere le elezioni. Questa nuova era sarà caratterizzata da una competenza e una compassione che per troppo tempo sono state messe in contrapposizione. Dimostreremo che non esiste un problema troppo grande che il governo non possa risolvere, né una questione troppo piccola di cui non possa occuparsi. Per anni, chi lavorava al municipio ha aiutato solo chi poteva aiutarlo. Ma il 1° gennaio daremo il via a un governo cittadino che aiuterà tutti. So che molti hanno ascoltato il nostro messaggio solo attraverso il prisma della disinformazione. Sono stati spesi decine di milioni di dollari per ridefinire la realtà e convincere i nostri vicini che questa nuova era è qualcosa che dovrebbe spaventarli. Come è successo spesso, la classe dei miliardari ha cercato di convincere chi guadagna trenta dollari l’ora che i loro nemici sono quelli che ne guadagnano venti. Vogliono che noi ci litighiamo tra di noi, così non ci concentriamo sul rifare un sistema che è rotto da un sacco di tempo. Non gli lasciamo più dettare le regole del gioco. Possono giocare con le stesse regole che usiamo tutti. Insieme, daremo il via a una generazione di cambiamento. E se abbracciamo questo nuovo corso coraggioso, invece di fuggirlo, potremo rispondere all’oligarchia e all’autoritarismo con la forza che temono, non con l’appeasement che bramano.  Dopo tutto, se c’è qualcuno che può mostrare a una nazione tradita da Donald Trump come sconfiggerlo, è proprio la città che lo ha visto nascere. E se c’è un modo per terrorizzare un despota, è smantellare le condizioni che gli hanno permesso di accumulare potere. Questo non è solo il modo in cui fermiamo Trump, è il modo in cui fermiamo il prossimo. Quindi, Donald Trump, dato che so che stai guardando, ho quattro parole per te: alza il volume.   Chiederemo conto ai cattivi proprietari perché i Donald Trump della nostra città si sono abituati troppo a sfruttare i loro inquilini. Metteremo fine alla cultura della corruzione che ha permesso a miliardari come Trump di evadere le tasse e sfruttare le agevolazioni fiscali. Ci schiereremo al fianco dei sindacati e amplieremo le tutele dei lavoratori perché sappiamo, proprio come Donald Trump, che quando i lavoratori hanno diritti ferrei, i capi che cercano di estorcerli diventano davvero molto piccoli.

New York rimarrà una città di immigrati: una città costruita dagli immigrati, alimentata dagli immigrati e, a partire da stasera, guidata da un immigrato. Quindi ascolti bene, presidente Trump, quando le dico questo: per arrivare a uno di noi, dovrà passare su tutti noi. Quando entreremo nel municipio tra 58 giorni, le aspettative saranno alte. E noi le soddisferemo. Un grande newyorkese una volta disse che mentre si fa campagna elettorale in poesia, si governa in prosa. Se questo deve essere vero, facciamo in modo che la prosa che scriviamo continui a rimare e costruiamo una città splendente per tutti. E dobbiamo tracciare un nuovo percorso, audace come quello che abbiamo già percorso. Dopo tutto, il senso comune le direbbe che sono ben lungi dall’essere il candidato perfetto.

Sono giovane, nonostante i miei sforzi per invecchiare. Sono musulmano. Sono un socialista democratico. E, cosa più grave di tutte, mi rifiuto di scusarmi per tutto questo. Eppure, se questa serata ci insegna qualcosa, è che le convenzioni ci hanno frenato. Ci siamo inchinati all’altare della cautela e abbiamo pagato un prezzo altissimo. Troppi lavoratori non riescono a riconoscersi nel nostro partito e troppi tra noi si sono rivolti alla destra per trovare una risposta al perché sono stati lasciati indietro. Lasceremo la mediocrità nel nostro passato. Non dovremo più aprire un libro di storia per dimostrare che i democratici possono osare di essere grandi.

La nostra grandezza sarà tutt’altro che astratta. Sarà percepita da ogni inquilino con affitto calmierato che si sveglia il primo giorno di ogni mese sapendo che l’importo che dovrà pagare non è aumentato rispetto al mese precedente. Sarà percepita da ogni nonno che può permettersi di rimanere nella casa per cui ha lavorato e i cui nipoti vivono nelle vicinanze perché il costo della cura dei più piccoli non li ha mandati a Long Island. Lo percepirà la madre single che potrà recarsi al lavoro in tutta sicurezza e il cui autobus sarà abbastanza veloce da non costringerla ad affrettarsi per accompagnare i figli a scuola e arrivare puntuale al lavoro. Lo percepiranno i newyorkesi quando apriranno i giornali al mattino e leggeranno titoli di successo, anziché di scandali. Ma soprattutto, lo percepirà ogni newyorkese quando la città che ama finalmente ricambierà il suo amore. Insieme, New York, congeleremo… [gli affitti!] Insieme, New York, renderemo gli autobus veloci e… [gratuiti!] Insieme, New York, forniremo un servizio universale di… [assistenza all’infanzia!]Lasciamo che le parole che abbiamo pronunciato insieme, i sogni che abbiamo sognato insieme, diventino il programma che realizzeremo insieme. New York, questo potere è tuo. Questa città appartiene a te. Grazie.

nella foto:  Zohran Mamdani durante il discorso della vittoria a Brooklyn, la notte del 4 novembre

* da il manifesto - novembre 2025

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