I No-Tav
chiedono aiuto, e l’Italia risponde: oltre 60.000 euro in soli tre giorni. E’ dirompente
l’avvio della raccolta fondi promossa dal movimento della valle di Susa che si oppone alla linea Tav
Torino-Lione, dopo la condanna in sede civile del portavoce Alberto Perino,
insieme ad altri due militanti di primo piano, Loredana Bellone (sindaco di San
Didero) e l’ex primo cittadino Giorgio Vayr. I tre sono stati “puniti” con un
maxi-risarcimento danni, supeirore ai 200.000 euro. «Faremo ricorso», annunciano,
spiegando però che il mancato pagamento li esporrebbe al rischio di
pignoramenti. «Per questo, con molta umiltà ma altrettanta dignità e fiducia»,
il movimento si è rivolto a tutti gli italiani che li incoraggiano (“Non
mollate, siete l’unica speranza di questo paese”) di dare un aiuto economico
per far fronte «a questa batosta tremenda». Sbalorditiva la risposta, a colpi
di donazioni sul conto corrente messo a disposizione per il sostegno popolare.
L’episodio
contestato risale alla notte tra l’11 e il 12 gennaio 2010, quando i No-Tav
tentarono di opporsi alla campagna di trivellazione dei terreni che doveva
preparare la stesura del nuovo progetto Torino-Lione. Una opposizione che
culminò poi l’anno seguente con l’occupazione dell’area della Maddalena di
Chiomonte: per impiantarvi l’attuale cantiere (destinato alla costruzione di
una piccola galleria di servizio) fu necessario ricorrere alla forza per
sgomberare i manifestanti. L’anno precedente, per i No-Tav il “pericolo” era
rappresentato dalle trivelle: alla periferia di Susa, quella notte, Perino,Vayr
e la Bellone si limitarono ad invitare i tecnici ad allontanarsi. «Poi si
scoprì che era una trappola», scrivono i valsusini sul sito “NoTav.info”. Un
“trucco” «per tagliare le gambe ai No Tav con una nuova tecnica: richiesta di
danni immaginari per centinaia di migliaia di euro a carico di qualche personaggio del
movimento», in modo da scoraggiare la protesta. La società Ltf, incaricata dei
sondaggi, aveva stipulato un contratto di utilizzo temporaneo dei terreni con
un’altra società: oltre 160.000 euro per pochi giorni, secondo i No-Tav
«per gonfiare i costi e quindi la richiesta di danno».
«Anche
utilizzando questi sporchi mezzi non riusciranno a fermare la resistenza No Tav», aggiungono i militanti, già
duramente provati dalla repressione giudiziaria cui il movimento è stato
sottoposto. «Ci sono più di 400 persone indagate per questa resistenza contro
un’opera imposta, inutile e devastante sia per l’ambiente sia per le finanze di
questo Stato e che impedisce di fare tutte le altre piccole opere utili». Se
gli italiani stanno dando ragione ai No-Tav – oltre 60.000 euro in tre giorni sono un esordio col
botto, per una campagna di finanziamento solidale – l’altra notizia
(sconcertante) riguarda la latitanza disastrosa della politica, che finora – con le sole eccezioni
di Grillo, del Prc di Ferrero e di singoli europarlamentari come Gianni Vattimo
e Sonia Alfano – continua a ignorare le ragioni della valle di Susa, confortate dai migliori tecnici
dell’università italiana, contro un’opera devastante per il territorio,
sanguinosa per le finanze pubbliche (decine di miliardi di euro) e totalmente inutile. La Francia ha deciso che riprenderà
eventualmente in considerazione l’infrastruttura solo dopo il 2030, mentre la
Svizzera ha appena reso noto che – sulla rotta Torino-Lione – il traffico merci
lungo la linea ferroviaria italo-francese che già attraversa la valle di Susa potrebbe essere tranquillamente
aumentato del 900%. Il problema infatti non è l’assenza di nuovi binari:
semplicemente, non ci sono più merci da trasportare.
I No-Tav
chiedono aiuto, e l’Italia risponde: oltre 60.000 euro in soli tre giorni. E’ dirompente
l’avvio della raccolta fondi promossa dal movimento della valle di Susa che si oppone alla linea Tav
Torino-Lione, dopo la condanna in sede civile del portavoce Alberto Perino,
insieme ad altri due militanti di primo piano, Loredana Bellone (sindaco di San
Didero) e l’ex primo cittadino Giorgio Vayr. I tre sono stati “puniti” con un
maxi-risarcimento danni, superiore ai 200.000 euro. «Faremo ricorso», annunciano,
spiegando però che il mancato pagamento li esporrebbe al rischio di
pignoramenti. «Per questo, con molta umiltà ma altrettanta dignità e fiducia»,
il movimento si è rivolto a tutti gli italiani che li incoraggiano (“Non
mollate, siete l’unica speranza di questo paese”) chiedendo loro un aiuto
economico per far fronte «a questa batosta tremenda». Sbalorditiva la risposta,
a colpi di donazioni sul conto corrente messo a disposizione per il sostegno
popolare.
L’episodio
contestato risale alla notte tra l’11 e il 12 gennaio 2010, quando i No-Tav
tentarono di opporsi alla campagna di trivellazione dei terreni che doveva
preparare la stesura del nuovo progetto Torino-Lione. Una opposizione che
culminò poi l’anno seguente con l’occupazione dell’area della Maddalena di
Chiomonte: per impiantarvi l’attuale cantiere (destinato alla costruzione di
una piccola galleria di servizio) fu necessario ricorrere alla forza per
sgomberare i manifestanti. L’anno precedente, per i No-Tav il “pericolo” era
rappresentato dalle trivelle: alla periferia di Susa, quella notte, Perino,
Vayr e la Bellone si limitarono ad invitare i tecnici ad allontanarsi. «Poi si
scoprì che era una trappola», scrivono i valsusini sul sito “NoTav.info”. Un “trucco” «per tagliare le
gambe ai No Tav con una nuova tecnica: richiesta di danni immaginari per
centinaia di migliaia di euro a carico di qualche personaggio del movimento»,
in modo da scoraggiare la protesta. La società Ltf, incaricata dei sondaggi,
aveva stipulato un contratto di utilizzo temporaneo dei terreni con un’altra
società: oltre 160.000 euro per pochi giorni, secondo i No-Tav «per gonfiare i
costi e quindi la richiesta di danno».
«Anche
utilizzando questi sporchi mezzi non riusciranno a fermare la resistenza No
Tav», aggiungono i militanti, già duramente provati dalla repressione
giudiziaria cui il movimento è stato sottoposto. «Ci sono più di 400 persone
indagate per questa resistenza contro un’opera imposta, inutile e devastante
sia per l’ambiente sia per le finanze di questo Stato e che impedisce di fare
tutte le altre piccole opere utili». Se gli italiani stanno dando ragione ai
No-Tav – oltre 60.000 euro in tre giorni sono un esordio col botto, per una
campagna di finanziamento solidale – l’altra notizia (sconcertante) riguarda la
latitanza disastrosa della politica, che finora – con le sole eccezioni di
Grillo, del Prc di Ferrero e di singoli europarlamentari come Gianni Vattimo e
Sonia Alfano – continua a ignorare le ragioni della valle di Susa, confortate
dai migliori tecnici dell’università italiana, contro un’opera devastante per
il territorio, sanguinosa per le finanze pubbliche (decine di miliardi di euro)
e totalmente inutile. La Francia ha deciso che riprenderà eventualmente in
considerazione l’infrastruttura solo dopo il 2030, mentre la Svizzera ha appena
reso noto che – sulla rotta Torino-Lione – il traffico merci lungo la linea
ferroviaria italo-francese che già attraversa la valle di Susa potrebbe essere
tranquillamente aumentato del 900%. Il problema infatti non è l’assenza di
nuovi binari: semplicemente, non ci sono più merci da trasportare.
da www.libreidee.org 27 gennaio 2014