mercoledì 25 agosto 2010

La Casa Comune degli Ecologisti


di Orazio Di Mauro

… il sistema economico fondato sulla crescita illimitata e sul consumo crescente si è inceppato e persino i guru della finanza mondiale non sanno bene che fare. Non solo gli ecologisti ma anche gli economisti più avveduti da tempo sostengono una svolta radicale, con una produzione di beni materiali a minor consumo di energia e materia prima, che permetta di uscire dall’attuale crisi economica ed ambientale.

I banchieri, i finanzieri e, come sempre buoni ultimi, i politici cominciano a pensare che quella green economy considerata sinora un hobby per eccentrici imprenditori verdi può essere una via d’uscita dalla crisi economica.

Obama e alcuni politici europei hanno iniziato a ragionare e ad investire in settori industriali a forte connotazione ecologica; naturalmente il nostro primo ministro come sempre brilla per il totale disinteresse per l’argomento e nei suoi interventi non si sente mai pronunciare la parola “ambiente” e - fatto ancora più preoccupante- nessuno dall’opposizione fa notare questa enormità.

E’ del tutto evidente che l’Italia rappresenta oggi una anomalia nei confronti di molti a paesi dove i risultati elettorali sono stati molto buoni per le liste ecologiste.

E’ quindi doveroso porsi innanzitutto alcune domande circa questa anomalia italica quando ci si prefigge di dar vita ad un movimento politico che , dopo la sparizione dei Verdi, torni a rappresentare il mondo ecologista nelle sedi istituzionali.

Le cause della anomala situazione italiana vanno individuate in due distinte direzioni:

1. Il gap dovuto alla caratteristica tutta italiana di privilegiare la cultura umanistica a scapito di quella scientifica.

2. L’eredità negativa della precedente esperienza di politica ambientalista rappresentata dal partito dei verdi

1. Non si può qui argomentare in maniera più approfondita questo dualismo che, sin dalla scuola, privilegia le materie letterarie e sovente si concretizza in vera e propria ignoranza dei concetti più elementari delle scienze naturali; il confronto dei risultati dei test svolti nelle scuole italiane con quelli europei è impietoso.

Se l’ecologia non è quindi una ideologia fatta di precetti, buone azioni e indottrinamenti ma la conseguenza di osservazioni e misurazioni che determinano risultati scientificamente ineccepibili , ecco come si spiega allora il fatto che un noto oncologo possa scrivere articoli magnificando l’energia nucleare con argomentazioni risibili e ignorando ad esempio il problema delle scorie e soprattutto non citando nemmeno un dato numerico a favore delle sue tesi!

La mancanza di dignitoso background scientifico viene evidenziata a volte anche “a sinistra” per polemizzare con l’istituzione di turno: il caso più eclatante è stato quello relativo alla mancata previsione del terremoto dell’Aquila. Anche in questo caso, per puro spirito di polemica nei confronti del governo e in assenza di qualsiasi seria argomentazione scientifica , si invocava una inesistente prevedibilità del fenomeno tellurico che ci ha esposto al ridicolo nei riguardi della comunità scientifica mondiale.

Un’indagine del 2008, condotta dall’Istituto europeo Eurobarometro , offre un quadro statistico che sembra confermare la distanza tra la percezione dei problemi ambientali da parte dei nostri compatrioti nel confronto con il resto dell’Europa:

· Solamente il 47% degli italiani (15 punti sotto la media europea) ritiene il cambiamento climatico uno dei maggiori problemi attuali. In Francia e Germania la percentuale è del 71%.

· Solamente il 49% degli italiani è disposto ad agire concretamente per ovviare ai problemi ambientali contro una media Ue del 61% e sul fronte del riciclaggio dei rifiuti, della riduzione dei consumi domestici di energia ed acqua le nostre percentuali sono inferiori di 20 o 30 punti a Francia Germania o Gran Bretagna.

· A dimostrazione della caratteristica tutta italiana del predicare bene e razzolare male, il 70 % degli intervistati considera ragionevoli le proposte UE sull’ambiente, percentuale che ci pone in linea con i maggiori paesi europei con i quali ci scopriamo affini . Almeno sul piano delle aspirazioni.

A ulteriore dimostrazione della disattenzione nei confronti degli ecosistemi si può citare un dato: ogni giorno in Italia scompaiono 200 ettari di terreno destinato alla produzione agroalimentare, al turismo e all’ambiente in favore del cemento.

Vittoria Brancaccio, presidente di Agriturist, ricorda che “in Germania vige una legge che obbliga per nuove costruzioni, a recuperare almeno il 70% del suolo già urbanizzato e in Inghilterra una legge simile permette la crescita della Greater London senza sottrarre un solo ettaro di terreno alle campagne circostanti

2. I verdi per un ventennio hanno rappresentato in politica le istanze ambientaliste che, anche alla luce di quanto esposto al punto precedente, non sono state fatte proprie dal corpo elettorale. Ora si trovano in una evidente crisi palesata dal vistoso calo dei consensi elettorali.

Molto è stato detto circa la mancata penetrazione del partito verde nel tessuto sociale attribuibile – come già scritto nella lettera del 9 luglio scorso - ad errori propri, di assuefazione al sistema dei politico e per azioni volute dall’esterno”.

Sull’onda emotiva seguita all’incidente nucleare di Chernobyl, i verdi raccolsero un buon successo elettorale disperso poi nel tempo anche per essersi chiusi all’interno di un orizzonte politico che probabilmente qualche illuminato dirigente del PCI avrebbe volentieri definito come “una costola della sinistra”.

A proposito di assuefazione al sistema, chiunque abbia partecipato ad assemblee dei verdi può essere testimone di quante mozioni invariabilmente si aprivano con dotte considerazioni sulla deforestazione amazzonica e/o l’effetto serra per poi avere nel dispositivo finale la definizione di quote da assegnare alle componenti nelle liste elettorali, negli organi di partito o negli assessorati.

Caso emblematico di questo decadimento qualitativo della rappresentanza verde è quello piemontese dove, agli incontri politici ed istituzionali, il glorioso simbolo del sole che ride è stato per anni rappresentato dagli aderenti di una setta esoterica eletti, ahimè, da una assemblea di iscritti.

Le associazioni ambientaliste, che avrebbero potuto essere la “cinghia di trasmissione” tra la base ambientalista e la rappresentanza istituzionale verde, hanno continuato a impegnarsi nelle rispettive battaglie settoriali (difesa dei parchi, degli uccelli, del panda, della bicicletta,ecc.) ; battaglie che per essere combattute necessitavano ovviamente del sostegno pubblico più ancora che della partecipazione dei cittadini. Sostegno che si concretizzava con contributi dai ministri o assessori di turno, non necessariamente verdi.

Mano a mano che singole emergenze ambientali venivano alla luce , sono sorti comitati ad hoc , spontanei o gestiti da miniassociazioni che hanno comunque svolto un meritevole ruolo di difesa del territorio e sensibilizzazione nei confronti dell’opinione pubblica ma senza una visione e un coordinamento capace andare al di là di azioni con orizzonti temporali e operativi di cortissimo raggio.

Questo il quadro attuale e non stupisce che nel mondo ecologista si senta il bisogno di ritrovare un tòpos dove tornare a “pensare globalmente” dando vita possibilmente a una forza politica (per carità basta con i “soggetti” politici che sono e devono restare i cittadini) che sia in grado rappresentare più efficacemente le ragioni dell’ambiente.

L’ultimo documento del GCT che titola “ I tavoli per la casa comune degli ecologisti” , correttamente pone in rilievo i principali nodi da sciogliere nel momento in cui si decida di dare vita a un movimento politico ecologista:

1. LA COLLOCAZIONE

2. IL PROGRAMMA

3. LE INIZIATIVE

1 La collocazione

E’ indispensabile inserire la proposta politica nel difficile quadro economico-sociale del momento caratterizzato da difficoltà di molte famiglie che stentano ad arrivare alla fine del mese, evitando di porsi prospettive troppo ambiziose e puntando su obiettivi concreti e attuabili in tempi ragionevoli, tenuto anche conto del nostro rapporto debito/PIL pari ormai al 120%.

Gli Ecologisti non possono essere la riedizione di una ennesima formazione postcomunista che peraltro già esiste e può vantare un leader addirittura in gara per le primarie del PD, al contrario l’unica possibilità di ridare dignità e autorevolezza ad uno strumento politico ambientalista consiste nel tornare a quello spirito originale che permise la nascita delle liste verdi in tutta Italia: ecologia, federalismo ed etica della politica.

Questi furono i presupposti dai quali prese forma quella felice intuizione politica che Alex Langer definì come“ un forte progetto etico, politico e culturale , senza integralismi e senza egemonie” e che in parte furono travisati nelle successive fasi nelle quali si perse la caratteristica federalista e che videro unificazioni-annessioni decise a Roma con partitini proletari che posizionarono i verdi nella sinistra di stretta osservanza.

A maggior ragione, ora che il panorama mondiale e nazionale è totalmente mutato e presenta equilibri economici, geopolitici ed energetici rivoluzionati, gli ecologisti devono avere una collocazione autonoma capace di interpretare, rielaborare e indirizzare la politica e l’economia in direzione della eco sostenibilità.

2 Il programma

Da quanto detto sinora, discende che la sfida fondamentale per ridare slancio e mordente alla proposta ecologista è quella relativa alla conversione ecologica dell’economia, come è correttamente ricordato nel documento del GCT laddove si citano ad esempio le : attività e iniziative riconducibili alla Green Economy, le realtà del biologico e della bioedilizia, le iniziative di credito alternativo (dalle mag alla banca etica alle monete locali), i gruppi di acquisto, le cooperative di servizi sociali e culturali ma anche le imprese ed i lavoratori di attività riconoscibili come eco-orientate con l’obiettivo di favorire la costruzione di organismi di categoria delle imprese e dei lavoratori (vedi Austria).

La creazione e la valorizzazione di associazioni e cooperative ecologiche rappresentano la vera svolta in grado di dare concretezza alla proposta ecologista come è ampiamente dimostrato dal caso tedesco. In caso contrario possiamo contare sul sostegno garantito, ma numericamente esiguo, degli ecologisti duri e puri con il corollario degli assidui frequentatori di mercatini biologici, di amici della bicicletta, di qualche radicalscich e via dicendo.

Ma non potremo mai pensare di raggiungere ma non potremo mai pensare di raggiungere gli obiettivi conseguiti dai Grunen che sono stati il motore, e al tempo stesso i beneficiari in termini politici, di innumerevoli iniziative ecosostenibili.

Vanno colmate clamorose lacune che vedono ad esempio il mondo giovanile e quello dell’agricoltura assai poco coinvolti nei riguardi delle proposte ecologiste per un’economia ecosostenibile con relative opportunità di lavoro.

3 Le iniziative

E’ ormai opinione condivisa che la politica si sia trasformata in un circo mediatico dove l’immagine prende molto spesso il soppravvento nei confronti delle idee e ogni proposta politica ha la sua rappresentazione nel proprio personaggio - immagine: Di Pietro per la legalità, Vendola per la sinistra con la S maiuscola per l’ecologia e la libertà, Fini (da poco) per la destra per bene, Berlusconi (da sempre) per quella un po’meno, Bersani (provvisoriamente) per i democratici e Grillo per l’ecologia e contro tutti i politici cattivi.

Come si vede l’ecologia può già contare su due paladini a forte impatto mediatico e quindi, a meno di trovare qualche personaggio di altrettanta caratura spettacolare, non rimane che affidare le nostre ragioni a iniziative di grande effetto che obblighino i media a parlare di ciò che andiamo proponendo.

Rispetto alla scelta cruciale del futuro energetico è chiaro che il “no nuke” deve essere affiancato e supportato dal “sole sì grazie” dimostrando con dati numerici la convenienza economica, oltreché quella ambientale, delle energie alternative.

A conclusione va detto con estrema chiarezza che la sfida che ci accingiamo ad intraprendere è ardua perché ci obbliga ad un confronto vis a vis con la gente a cui non è più sufficiente riproporre il nostro catechismo verde politicamente corretto e zeppo di buoni propositi : bisogna saper dialogare anche con quel 53% di italiani che non si da’ pensiero per il cambiamento climatico....

(contributo alla discussione per il manifesto-appello degli Ecologisti del Piemonte)

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