domenica 15 agosto 2010

L’illusione nucleare


di Massimo Marino


Distribuendo volantini contro il ritorno del nucleare al concerto degli U2 mi sono imbattuto in un giovane ingegnere nucleare neolaureato, come me in frenetica attesa di Bono, con cui ho intrattenuto una lunga e tranquilla discussione al termine della quale, finite le mie pacate contestazioni alla sua convinta idea che il nucleare è conveniente e perfino ecologico perché non dà gas serra, mi ha dichiarato che in fin dei conti sposiamo la stessa causa, la tutela dell’ambiente, sebbene percorrendo strade apparentemente diverse. Al di là della necessità di giustificare, prima di tutto a se stesso, 5-6 anni del proprio impegno universitario per una qualche prospettiva di lavoro, il colloquio mi ha convinto a riprendere parola dopo almeno 20 anni su un tema che, sembra, possa tornare di attualità.


Di giovani laureati in quest’area tecnologica l’Italia non ha mai smesso di produrne (qualche decina all’anno in 4 università o politecnici ) neppure nel corso dei due governi di centro-sinistra , con qualche sbocco lavorativo all’estero, nell’est europeo, dove l’Enel si è data da fare malgrado il referendum ed in poche, marginali attività ad esempio nel settore sanitario che fa uso di radioisotopi.

E’ un fatto che i giovani italiani nati dall’ inizio degli anni 70’, più o meno tutti quelli oggi sotto i 40 anni, di nucleare hanno avuto possibilità di discutere con qualche serietà poco o nulla, appena sfiorati nell’adolescenza dai 2 gravi incidenti di Three Mile Island (1979) e di Chernobyl (1986), visto anche che degli altri 130 incidenti che hanno coinvolto le 440 centrali attualmente in attività si rivela e si informa poco o nulla (sulla gravità, sugli effetti ambientali e sanitari, sui costi).

E’ bene quindi ricominciare dall’inizio, a partire dall’unica apparente verità a favore del nucleare, dalle altre mezze verità distorte, fino alla sequenza di balle che i fautori del nucleare “esperti “ o “politici” che siano, hanno ripreso a raccontarci.


Il nucleare e i gas climalteranti

Le centrali nucleari servono a produrre energia elettrica e a niente altro ( a parte il possibile uso militare delle scorie ). Nel mondo i 440 reattori in funzione (dei quali il 10-15% mediamente fermi per manutenzione, guasti, incidenti) producono circa il 16% del fabbisogno elettrico del pianeta prevalentemente in sostituzione di carbone e di derivati del petrolio. L’emissione di CO2 è in effetti vicina a zero, (come per idroelettrico, eolico e fotovoltaico ), e dalla loro attività, oltre a grandi quantità di acqua più calda e costanti piccole emissioni di radionuclidi, nella norma si ottiene di risulta grandi quantità di rifiuti radioattivi solidi e liquidi che mantengono in parte consistente i loro micidiali effetti per migliaia di anni e che da 40 anni si accumulano, quasi sempre “provvisoriamente”, da qualche parte.


L’unica verità dei nuclearisti è però una non verità. L’emissione di gas serra di origine antropica è data dall’insieme dei consumi energetici che danno emissioni in atmosfera (in particolare per trasporti, riscaldamento, attività produttive). In termini di fonti primarie gli 11.000 MTEP (Milioni di tonnellate equivalenti di petrolio) di consumi energetici totali annui del pianeta utilizzano Petrolio (30%), Carbone (30%) , Gas (20%) , Rinnovabili (14%), Nucleare (6%).

In altre parole, se con una bacchetta magica del cattivo di Harry Potter tutta l’elettricità fosse ottenuta dal nucleare, per l’Italia occorrerebbero almeno 44 impianti di nuovo tipo ( per coprire quasi 70.000 MW al 2018 ) invece dei 4 previsti dal governo (circa 6400 MW) , cioè almeno 2 per ogni regione italiana. Nel mondo occorrerebbero almeno 2800 impianti di nuova taglia invece dei 440 attuali .

Se il miracolo avvenisse però la nostra atmosfera quasi non se ne accorgerebbe: Le emissioni di CO2 totali si ridurrebbero all’incirca del 5 %, molto, ma molto meno di quanto ci prefiggevano i timidi governanti del G8 e gli altri per il 2020. Ci sarebbe un vantaggio solo per le aziende del settore nucleare che avrebbero abbondanti dividendi da distribuire e forse per il mio amico neoingegnere che troverebbe lavoro probabilmente molto più vicino a casa.


A chi vi parla di un nucleare “ambientalista” rispondete quindi con tranquillità che si tratta di una incredibile cazzata (potete dirlo anche in TV, in Italia la parola è permessa..). Ditelo anche al senatore PD Veronesi, alla comunista Margherita Hack ( esperta di astrofisica ma non di problemi energetici), ai 70 piddini che chiedono a Bersani di ripensarci, all’ex legambientino in carriera Chicco Testa. Con Berlusconi lasciate perdere, è molto meno stupido di quanto sembra, sa benissimo che è una cazzata ma gli riesce naturale raccontare palle...


Servirebbe invece che qualcuno di costoro si occupasse seriamente di trasporti, in particolare degli autoveicoli il cui numero si dice che raddoppierà nel mondo dai quasi 700 milioni attuali a 1400 milioni entro il 2030 se qualcuno non sarà in grado di correggere almeno un pò questo sciagurato e autolesionista modello di mobilità di uomini e merci su gomma basato sulla combustione di idrocarburi vari. Malgrado un sacco di chiacchiere sull’auto ecologica, non è cambiato quasi nulla , in particolare nel nostro paese, che mantiene il penoso record nel mondo del più alto numero di auto/abitante circolanti ( 61/100) insieme a quello dei sindaci inadempienti nel tutelare la salute pubblica.


Per dare l’idea della incapacità dei nostri governanti (di destra, di centro e di sinistra) è di questi giorni la notizia che a New York l’80% degli abitanti non possiede un auto, che il sindaco, miliardario, Michael Bloomberg (repubblicano liberal oggi indipendente ), è uso andare in ufficio in metrò, che ha fatto costruire 300 km di piste ciclabili ed ha di recente totalmente pedonalizzato Time Square. E dal 2009 svolge felicemente il suo terzo mandato. Un idea per Chiamparino, che potrebbe farsi ospitare a Manhattan nel loft dell’amico Veltroni e vedere un po’ come si possa governare una moderna metropoli occidentale.


La quarta generazione

Ho sentito esperti, parlamentari e perfino ministri, di destra, centro e sinistra dichiararsi favorevoli al nucleare, ma solo a quello che sta arrivando “di quarta generazione”. Anch’io sarei tentato di farmi musulmano se avessi una qualche concreta possibilità di avere in serbo 72 mogli vergini nell’al di là o di ripiego almeno un posto riservato e sicuro accanto agli angeli per l’eternità in paradiso ma almeno per il nucleare è bene un po’ di serietà e di piedi per terra.


La prima generazione di reattori, costruita negli anni 50-‘70 è stata quella dei piccoli prototipi, qualche decina di MW (megawatt) di potenza nominale (il più grande nel mondo fu quello italiano a Latina di 210 MW).

La seconda generazione, di taglia industriale, in genere fino ai 1000 MW è quella dei reattori costruiti nei 30 anni successivi, fino al 2000, cioè la quasi totalità di quelli attualmente funzionanti nel mondo. I loro 3 difetti, da tutti universalmente riconosciuti, sono la mancanza di sicurezza intrinseca, cioè la possibilità di avere incidenti di rilevante gravità (come i 2 citati, a parte gli altri 130 ”minori”), l’inevitabile produzione di scorie radioattive che ci lasciano in eredità per alcune migliaia di anni, i costi esorbitanti per il decommissioning cioè per il loro smantellamento e la loro custodia per altre centinaia di anni. Dall’inizio del 2000 si è avviata così la costruzione, in corso, di alcuni, pochi, nuovi impianti (in Francia, Cina, Finlandia ), detti di terza generazione, nei quali il “cuore del reattore” sarebbe più tutelato, con strutture di protezione più grandi e solide e strumentazione di controllo più rafforzata. Poiché tali accorgimenti aumentano di molto i costi di costruzione e gestione si pensa di aumentare il rendimento (cioè contenere l’aumento dei costi) aumentando la taglia sopra i 1000 MW ( i reattori francesi EPR della AREVA, previsti anche per i 4 italiani sarebbero da 1600 MW) e raddoppiare la durata (presunta) fino a 60 anni.

Sebbene si siano già previsti costi esorbitanti di 4 miliardi di euro a impianto, quello finlandese (il primo nel mondo da 1600 MW ) sembra stia arrivando ad un costo di 6-7 mld, cioè totalmente fuori mercato. Nel corso del G8 di Siracusa dell’aprile 2009 fonti ministeriali italiane dichiaravano: "L'energia nucleare perde quote di mercato, passando dal 15 per cento nel 2006 al 13 per cento entro il 2015 e al 10 per cento entro il 2030. La quota di energia rinnovabile aumenterà considerevolmente, passando dal 18 per cento del totale di energia elettrica nel 2006 al 20 per cento nel 2015 e al 23 per cento nel 2030".

Un recente articolo del New York Times, citando uno studio americano di John Blackburn, docente di economia della Duke University dice che se si confrontano i prezzi attuali del fotovoltaico con quelli delle future centrali previste nel Nord Carolina, il vantaggio del solare è già evidente: costa meno di 16 centesimi di dollaro a kilowattora (12,3 centesimi di euro/kwh ); senza il trasferimento del rischio finanziario sulle spalle dei consumatori di energia e dei cittadini che pagano le tasse. Inoltre se solare e eolico lavorano in tandem possono tranquillamente far fronte alle esigenze di continuità delle erogazione elettriche di un intero Stato.

Mark Cooper, analista economico all'Università del Vermont conferma che i costi di produzione di una centrale nucleare sono in continuo aumento, quelli delle alternative in continua discesa. Insomma, cosa ci darà la terza generazione lo sapremo, se verranno costruiti un numero significativo di impianti, fra qualche decina di anni, comunque dopo il 2020 di sicuro.Va notato che i nostri politici imbroglioni filonucleari parlano nei nostri talk-show della terza generazione come di un qualcosa riguardante un presente ormai in superamento mentre i primi di questi impianti come quello finlandesi sono ancora in costruzione oggi.

Gli impianti di quarta generazione sarebbero un po’ la somma del paradiso dei cattolici e di quello degli islamici. Il GIF ( Generation IV International Forum ) creato nel 2000 da 10 Paesi al fine di sviluppare questi sistemi (con a capo gli USA di Bush che nel 2005 ridette impulso al nucleare promettendo forti incentivi), a cui si sono aggiunti l’EURATOM e recentemente Russia, Cina e altri 2 organismi internazionali (INPRO e GNEP) ha definito una decina di requisiti di base:

1) massimo utilizzo del combustibile 2) minimizzazione dei rifiuti radioattivi 3) basso costo dell’impianto 4) rischio finanziario equivalente a quello degli altri impianti energetici (da ridere..) 5) sicurezza e affidabilità tali da avere una bassa probabilità di danni gravi al nocciolo 6) tollerare errori umani anche gravi 7) in conseguenza non dovranno richiedere piani di emergenza non essendoci rischio (da piangere..) 8) resistenza e protezione contro qualunque tipo di attacco terroristico 9) garanzia contro la proliferazione di usi militari 10) naturalmente.. nessuna emissione di radionuclidi in atmosfera.

La conseguenza di questo approccio “realistico”, ispirato dalla potentissima lobby di un nucleare in estinzione, che in parte coincide sempre più con quella del petrolio, che come una potente sanguisuga affida poi i costi dei progetti e chiede risorse agli Stati ed Enti pubblici nazionali ed internazionali, è la marginalità delle risorse e dell’impegno sulle fonti rinnovabili in molti paesi, forse con l’eccezione della sola Germania e in parte della Spagna. Ed evitiamo qui di parlare degli inconfessati interessi militari che porteranno alla proliferazione di armi nucleari ed a possibili guerre di dissuasione per il loro contenimento. I costi complessivi per la ricerca e per l’avvio ipotetico di questa eventuale quarta generazione che si indica vagamente attorno al 2040, non chiedeteli; nessuno li sa, nessuno ci prova neanche a calcolarli..in fin dei conti che importanza ha.? L ’importante è che se ne parli al popolo nei nostri talk-show della sera…

Se andiamo al di là della propaganda e ci atteniamo ai fatti lo scenario del nucleare, in particolare in Europa è molto chiaro: il nucleare è o è stato presente in 15 su 27 paesi, in 12 non esiste. C’è un blocco di paesi (Germania, Spagna, Svezia, Italia ) che sono di fatto in decommissioning cioè verso lo smantellamento di quanto costruito in passato. Tre paesi dell’est, Bulgaria , Romania, Slovacchia usati come ultime chances dell’industria del settore, specie francese, vorrebbero costruirne di nuove, la Finlandia sta continuando a spostare in avanti (l’ultimo rinvio dal 2009 al 2011) il completamento dell’unico impianto europeo realmente di terza generazione i cui costi si sono già dimostrati fallimentari. L’Italia berlusconiana conferma, insieme ad un eccesso di semplicismo e ignoranza sconfortante, la sua già più volte sottolineata anomalia: l’assenza di una forza ecologista di un qualche rilievo che abbia voce sui media e nell’opinione pubblica, insieme all’inconsistenza e alla subordinazione nell’ ambito culturale e tecnico-scientifico delle forze di sinistra. Non è un caso comunque che, malgrado le potenti spinte al boicottaggio e le scarse risorse, le rinnovabili si fanno comunque strada per le loro potenzialità e i vantaggi, che non sfuggono ad una parte degli imprenditori (e neppure alle varie mafie del nostro paese che hanno un idea chiara di dove si possono fare soldi..).

Quella nucleare si conferma comunque al momento come una tecnologia declinante, condannata comunque a gestire quote del tutto marginali del settore energetico con costi crescenti, ininfluente nell’intervenire sulle problematiche dei gas climalteranti, mentre resterà però, per molti decenni almeno, il pericolo ambientale sotteso agli impianti esistenti. Constatazioni che rendono ancora più necessaria e urgente la costruzione di un ampio fronte di opposizione, promosso dagli ecologisti, che spazzi via definitivamente dalla storia del nostro paese questo incubo e apra la strada verso la transizione ad una nuova frontiera.

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