domenica 1 aprile 2012

82 mila TIR di rifiuti tossici

di Valerio Valentini *

A Milano, fervono i preparativi per l’Expo del 2015. La ‘ndrangheta è più felice che mai, visto che detiene il monopolio pressoché assoluto del movimento terra in Lombardia, sia nelle grandi bonifiche che nel trattamento di rifiuti. Gaetano Pecorella, presidente della commissione bicamerale d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, ha spiegato che da pochi giorni s’è conclusa un’indagine molto indicativa di quella che è la realtà edile lombarda: in un appalto che è stato analizzato, su 19 imprese coinvolte, 17 avevano legami con le ‘ndrine. Non c’è quindi da meravigliarsi se due ex assessori regionali all’Ambiente, Franco Nicoli Cristiani e Massimo Ponzoni, sono finiti in manette: il primo con l’accusa di corruzione e traffico organizzato di rifiuti illeciti, il secondo per appropriazione indebita, bancarotta fraudolenta e finanziamento illecito.

Ma per combattere abusivismo edilizio e traffico illecito di rifiuti, nessuno sembra davvero intenzionato a fare sul serio. Ed è così che il 2010, secondo i dati diffusi da Legambiente, è stato l’anno che ha fatto registrare il record di inchieste connesse a reati ambientali: ben 29! I dati ufficiali diffusi dal dossier riguardano solo una parte di queste indagini (12 su 29), ma bastano da sole a dare l’idea della dimensione del fenomeno. Immaginatevi di partire con l’automobile da Milano, in direzione sud, e di arrivare fino a Reggio Calabria. E immaginate di vedere, per tutto il tempo del viaggio, la carreggiata opposta, quella che dalla Calabria porta in Lombardia, completamente intasata di tir. Una coda di autotreni infinita, che non s’interrompe mai, lunga più di 1100 km. Ecco, tutti quei bestioni – contateli, sono oltre 82 mila – sono pieni zeppi di rifiuti illegali, in gran parte tossici.

Sono i numeri ufficiali delle ecomafie in Italia: nel solo anno 2010 gli inquirenti hanno messo le mani su oltre 2 milioni di tonnellate di monnezza e, considerando che ogni tir trasporta in media 25 tonnellate a carico, i conti sono presto fatti. Quello dell’ecomafia è un business che vale 20 miliardi di euro all’anno, cioè 6 miliardi in più rispetto a quanto si potrebbe risparmiare con la riforma delle pensioni firmata Fornero. Soldi che potrebbero andare alle famiglie per bene invece che ai criminali che avvelenano le nostre terre.

Ma se in Italia questi traffici illegali sono possibili è perché le mafie stanno divenendo sempre più potenti e aggressive. Le imprese legate alle cosche, sostenute dai miliardi del narcotraffico e del racket, grazie alla loro concorrenza insostenibile che strangola l’imprenditoria sana risultano vincenti. E in un Paese del genere, che si sta lanciando a capofitto in opere faraoniche come l’Expo e il Tav, nessuno ritiene di dover prendere delle precauzioni per impedire alle mafie di aumentare il loro fatturato assumendo appalti e subappalti. Oggi tutti – Camusso compresa – strepitano in nome dello sblocco degli investimenti, necessari per far ripartire l’economia. “Un Paese che rinuncia ad investire perché ha paura delle mafie – dicono – è un Paese che rinuncia al futuro”. Ma un Paese che ha a cuore il proprio futuro si preoccupa di evitare infiltrazioni mafiose attuando misure preventive serie in grado di allontanare il rischio di veder affidate opere pubbliche a imprese corrotte, come ad esempio l’applicazione della Stazione Unica Appaltante come misura obbligatoria per qualunque ente statale che intenda costruire un’infrastruttura, proposta dalle stesse pagine di questo blog. Risposte, ovviamente, non ne abbiamo avute. Mentre, in un decreto che aveva l’ambizione di “salvare l’Italia”, Monti non è stato capace di inserire neppure mezza riga su eventuali provvedimenti per aggredire l’economia mafiosa.

Semplicemente, domani ci sveglieremo in un Paese in cui ‘ndrangheta, camorra e cosa nostra sono ancora più forti e ancora più ricche. Scopriremo sulle prima pagine dei giornali che la tratta tra Torino e Lione è stata divisa in segmenti, ciascuno dei quali assegnati a una cosca piuttosto che a un’altra (esattamente come l’ormai leggendaria Salerno-Reggio Calabria) e che i quartieri sorti dal nulla alla periferia di Milano per l’EXPO sono stati tirati su dalle imprese foraggiate dai boss. E allora capiremo che l’illusione di far ripartire l’economia approvando a occhi chiusi investimenti folli si sarà rivelata fallimentare, perché un’economia monopolizzata dalle mafie è un’economia malata, che garantisce ricchezze stratosferiche a pochi criminali e decreta la povertà per il resto della popolazione. Non è un caso che le regioni in cui mafia, camorra e ‘ndrangheta sono maggiormente radicate, risultino le più povere d’Europa, mentre i boss detengono capitali neppure lontanamente immaginabili. Confesercenti ha mostrato come, per quanto riguarda la chiusura delle aziende dovuta alla concorrenza sleale delle mafie, “Milano e il Nord-Est sono le aree più penalizzate, con le banche che tendono a restringere il rubinetto dei finanziamenti e a chiedere rientri immediati dei fidi, mentre i mafiosi sono gli unici a girare con le borse pieni di soldi”.

Ma noi, anziché cercare di recuperare i 65 miliardi di utile in contanti che la Mafia S.p.a. gestisce ogni anno, continuiamo a tartassare i lavoratori, privandoli di pensioni, lavoro e diritti.

* da www.byoblu.com 29 marzo 2012

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