martedì 19 luglio 2016

Torino: Ecco il programma di Appendino: Ztl di quartiere, Palazzo unico per i dipendenti, stop a nuove case



Depositato il documento con i progetti per i prossimi cinque anni. La nuova amministrazione punta sul coinvolgimento dei torinesi nelle decisioni che interessano la vita della città.




Nel giorno del debutto, la sindaca Chiara Appendino ha depositato ai 40 consiglieri comunali il testo della delibera con il programma della sua giunta per i cinque anni a venire. Il documento, 62 pagine, è il frutto della tre giorni trascorsa a Forno di Coazze, e verrà discusso in Sala Rossa il 29 luglio. A ispirarlo una considerazione di fondo, che nei piani della giunta Cinque Stelle dovrà essere un faro: «Bisogna coinvolgere i torinesi nelle decisioni e non considerare il momento del confronto quale semplice tattica per raccogliere un consenso dopo che la decisione è stata presa». Ed è per questo che è stata creata una delega specifica che fa capo alla sindaca.  

URBANISTICA  
È il capitolo più corposo. La giunta si propone di fermare il consumo di suolo a cominciare da una revisione del piano regolatore che elimini le ipotesi di nuove costruzioni, sovradimensionate rispetto alla popolazione. Ci sarà una ricognizione sulle varianti urbanistiche in corso: quelle considerate non necessarie saranno revocate. E i terreni edificabili su cui nessuno ha chiesto permessi per costruire verranno trasformati in agricoli a servizi. Infine, il programma prevede di escludere dai progetti di valorizzazione patrimoniale quegli edifici di valore storico e artistico. La Cavallerizza, ad esempio. 

LA CASA E GLI ENTI RELIGIOSI  
Per affrontare l’emergenza abitativa si punta a trasformare gli edifici pubblici non utilizzati in residenze sociali attraverso convenzioni con l’Atc e associazioni individuate con procedure pubbliche. E a istituire un tavolo permanente anche con enti religiosi e grandi possessori di case (banche assicurazioni, grandi imprese edili) per trovare soluzioni concrete.  

TRASPORTI  
La priorità è trovare le risorse per mettere in salvo Gtt senza ridurre il servizio. La soluzione è un piano di riorganizzazione sul modello di quello proposto dal Politecnico, che verrà riadattato. La giunta conferma il no alla vendita di Gtt e promette che il trasporto pubblico godrà di fondi equivalenti ai proventi della sosta a pagamento: attualmente 27 milioni l’anno. E poi più tram e meno bus. Infine la Ztl: quella centrale avrà orari più estesi ma soprattutto si vuole progettare Ztl di quartiere, oltre a nuove aree pedonali e ciclabili e alla sperimentazione di vie riservate a mezzi pubblici, pedoni e ciclisti.  

LIBERARE L’EX MOI  
Sul Welfare all’ordine del giorno ci sono tre temi di forte rilevanza sociale che riguardano l’immigrazione: il trasferimento delle oltre mille persone che occupano l’ex Moi, di concerto con le forze dell’ordine, individuando soluzioni per ospitare i profughi; lo smantellamento dei campi rom, anche qui una volta trovate le soluzioni più adatte; infine la richiesta al governo di chiudere i Centri di identificazione ed espulsione . 

PALAZZO UNICO  
Sul bilancio si partirà da una ricognizione generale dei conti della città e delle aziende di Palazzo Civico, quest’ultimo da effettuarsi attraverso un soggetto terzo. Si punta anche alla riorganizzazione della macchina comunale e a una revisione logistica che, utilizzando edifici già esistenti, porti a una sede unica che potrebbe essere il grattacielo Rai davanti alla vecchia stazione di Porta Susa.  

STOP IPERMERCATI  
Confermato il no a nuovi centri commerciali , la sfida è la difesa del piccolo commercio e del km0. La giunta immagina, ad esempio, una collaborazione con le scuole professionali per salvare le attività artigiane che rischiano di sparire. E per rilanciare i mercati si pensa al modello Barcellona: una società comunale li dovrà valorizzare. 

ADDIO FONDAZIONE  
Due binari per la Cultura: il sostegno ai grandi enti e fondazioni, da garantirsi sulla base di accordi triennali che consentano una programmazione; un piano basato su un bando annuale per erogare contributi a iniziative meritevoli ed emergenti. Confermata la chiusura della Fondazione per la cultura.  

SICUREZZA  
Il primo punto è la lotta all’abusivismo. Il secondo è un patto tra tutti i soggetti coinvolti nelle zone di movida. Il terzo è l’ipotesi, sempre che sia possibile, di installare telecamere a bordo dei taxi. Infine, viene confermata la promessa di un fondo per risarcire gli over 65 vittima di scippi.  

DIETE VEGANE  
Nel programma c’è anche la promozione della dieta vegana e vegetariana sul territorio comunale «come atto fondamentale per salvaguardare l’ambiente la salute e gli animali».  

SPORT E GRANDI EVENTI  
La giunta Appendino vuole partire con la revisione delle procedure con cui vengono assegnanti gli impianti sportivi e i contributi alle associazioni. C’è poi l’impegno a migliorare l’attuale stato delle strutture sportive. Quanto ai grandi eventi, verranno sostenuti solo quelli in grado di incentivare la pratica sportiva diffusa, o con evidenti ricadute economiche. E si introdurrà un meccanismo per misurare il ritorno economico di ciascuna manifestazione. 

Andrea Rossi e Maurizio Tropeano su lastampa.it   -  19 luglio 2016















mercoledì 13 luglio 2016

Una riflessione sulle campagne referendarie da parte del Comitato Acqua Pubblica di Torino



Si sono concluse da pochi giorni le campagne referendarie lanciate nella primavera di quest’anno da soggetti diversi, sui temi del lavoro, sociali e istituzionali. Purtroppo la conta delle firme non è stata premiante: si arriverà al voto solo sui quesiti relativi al Jobs Act; per i quesiti della scuola la situazione è incerta, mentre né i referendum ambientali né quelli abrogativi dell’Italicum hanno raggiunto il minimo necessario per consentire ai cittadini di esprimersi tramite il voto. 

Sono già usciti alcuni comunicati da parte dei promotori con valutazioni sul perché temi così forti non abbiano fatto breccia; ma se è vero che ci sono state difficoltà oggettive (difficoltà nel reperire autenticatori, Comuni inefficienti nel certificare le firme e così via) riteniamo necessaria una riflessione più profonda e critica dell’operato di ciascuno di noi.

A parte alcuni felici casi isolati di comitati che hanno collaborato con successo, queste campagne referendarie sono state caratterizzate da divisioni interne, campanilismo e settarismo. La campagna dei referendum sociali è cominciata con lo sfilarsi da parte di FLC-CGIL dal gruppo dei proponenti per portare avanti una raccolta parallela solo su lavoro e scuola, e questo dopo l’assemblea nazionale che lanciava la campagna unitaria! Ci siamo ritrovati nella surreale situazione di dover quasi pregare per avere dei moduli della scuola sui quali raccogliere le firme, e di avere i Cobas come unico canale per ottenerli: alla faccia della coalizione sociale! E anche pura follia, visto che adesso scopriamo esserci la forte probabilità di mancare, seppur di poco, il risultato.
La campagna contro l’Italicum secondo i suoi stessi promotori avrebbe dovuto essere inserita nella stagione  referendaria complessiva, ma in realtà il legame tra diritti sociali e del lavoro e la Costituzione è passato in secondo piano rispetto a piccoli campanilismi. Questa mancata condivisione dei principi cardine, si è tradotta poi in difficoltà pratiche: da episodi spiacevoli ai banchetti al fatto che solo all’ultimo si è riusciti a condividere una lista degli autenticatori in modo da razionalizzare e risparmiare le forze.
Se la CGIL è riuscita (per fortuna) ad ottenere le firme necessarie sul Jobs Act, il probabile fallimento dei quesiti scuola rivela una spaccatura all’interno della stessa CGIL che non ha evidentemente supportato se non in modo frammentario e parziale nemmeno una propria organizzazione. Qualcuno ha creduto che la somma di sigle minoritarie fosse sufficiente per creare un’alleanza sociale; qualcuno ha pensato di poter calare la campagna dall’alto di importanti cattedre universitarie; qualcuno ha avuto eccessiva fiducia in legami di rappresentanza sindacali e di partito che ha ritenuto potessero sostituire la costruzione di un movimento unitario. Abbiamo tutti mostrato il fianco svelando le nostre debolezze. La lezione che ci avevano dato i referendum del 2011 (1,5 milioni di firme a quesito, 26 milioni di voti), e cioè l’importanza di costruire percorsi condivisi, l’abbiamo dimenticata nella fretta di partire e nell’ansia di difendere ciascuno il proprio orticello. 

Perdonateci se scriviamo queste cose, dolorose da ascoltare tanto quanto da scrivere. Non lo facciamo per toglierci qualche sassolino dalla scarpa, o perché amiamo i “mea culpa”, ma perché individuare solo le cause esterne del nostro insuccesso non è serio verso i cittadini che hanno firmato e verso tanti attivisti che hanno tentato il tutto per tutto massacrandosi in ore di lavoro ai banchetti e per la certificazione delle firme. Ci preme soprattutto trarre da questa dolorosa sconfitta una lezione che ci permetta di affrontare meglio la grande prova che ci aspetta ad Ottobre. Per evitare lo scempio della Costituzione, non ci basterà dire NO, o seguire la strada che propone Renzi ed impostare tutto in un “o la va o la spacca” contro il Governo. Dovremo saper portare davanti ai cittadini la nostra visione del mondo, dovremo essere in grado di far sentire viva e attuale la Costituzione e questo presuppone condividere principi, percorsi: sapremo farlo?  Abbiamo voglia di buttarci alle spalle le attuali miserie per costruire davvero il fronte unito di cui abbiamo bisogno?