venerdì 26 agosto 2011

Perdita d'acqua

* tratto da http://www.notav.eu

Questa mattina una collega che lavora in un'altra filiale mi ha telefonato e mi chiesto "Senti, ma tu che sei lì, sai mica perchè i notav si oppongono?"
Le ho fatto un breve riassunto e lei: "Ecco, vedi? Queste cose in tv mica le dicono!" Per la mia collega e per le altre persone che come lei sono ancora poco informate riporto qualche vecchio articolo cominciando dalla questione "acqua persa":

Voglio condividere con tutti voi un dato agghiacciante relativo al TUNNEL DI BASE (che mi è tornato fra le mani ieri) evidenziato dal rapporto COWI nell’Analisi degli studi condotti da LTF in merito al progetto Lione/Torino effettuato su incarico della commissaria europea per la Lione Torino, la buon'anima di Lojola De Palacio, da solo questo dato, a rigor di logica e di buon senso, dovrebbe impedire l’opera.
A pag. 47 del rapporto è scritto:

LTF ha stimato che i due tunnel principali (il tunnel di base e il tunnel di Bussoleno), le discenderie, ecc. riceveranno un flusso cumulativo di acque sotterranee compreso tra 1951 e 3973 L/s nel caso stabilizzato. Ciò equivale a una portata compresa fra i 60 e i 125 Milioni di m3/anno, comparabile alla fornitura d’acqua necessaria a una città di circa 1 milione di abitanti. Il drenaggio delle acque sotterranee è tutt’altro che trascurabile comparativamente al ricarico totale delle acque sotterranee nelle zone situate lungo il tunnel.

Ciò influenzerà lo stoccaggio e i movimenti delle acque sotterranee e probabilmente altri elementi del ciclo idrologico.

per le zone situate a monte delle estremità dei tunnel, la portata totale delle acque di superficie, e particolarmente il flusso minimo annuo, potrebbe essere modificata, la ripartizione fra acque di superficie e sotterranee potrebbe cambiare radicalmente.
Simili variazioni possono incidere sull’ambiente in generale o su certi impieghi dell’acqua, ad esempio:
• L’alimentazione delle proprietà private, paesi e città.
• L’agricoltura e l’irrigazione.
• Lo scorrimento delle acque usate (durante il periodo di flusso minimo, le acque usate potrebbero essere le uniche a scorrere in superficie).
• La produzione idroelettrica.

Il Mugello è lì per ricordarci quanto siano stupidi i progettisti; con una differenza, questa volta il danno all'ambiente viene evidenziato PRIMA in modo che se l'opera viene fatta il danno non può più essere imputato ai costruttori o ai progettisti, bensì la colpa sarà dei decisori politici che non ne risponderanno mai!
http://www.notav.eu/article3464.html

Riporto anche il commento della buon anima del dottor Topino:

Dai documenti dei progetti...

Presenza acqua: Progetto esecutivo Cunicolo esplorativo di Venaus

Dalla relazione sui dati idrogeologici del Cunicolo si legge:

“In condizioni transitorie di forti venute d’acqua la portata di drenaggio della galleria è stata valutata essere circa 400 litri secondo”

Dalla relazione tecnica (progetto esecutivo cunicolo esplorativo) sulle caratteristiche della fresa TBM utilizzata per lo scavo del cunicolo esplorativo si legge:
“La TBM effettua un diametro di scavo 6,30 m, pesa 335 tonnellate, avrebbe una capacità di penetrazione di 7 metri/ora, il fabbisogno della macchina sarà di circa 2.500 litri/minuto d’acqua, di cui 2000 per il raffreddamento e 500 per lo scavo”.

L’acqua calda verrà poi convogliata all’esterno della galleria dove verrà raffreddata e quindi ripompata nel circuito. La stazione di pompaggio corrispondente da 95 kW elabora una portata di 150 metri cubi/ora a 15,5 atmosfere di pressione.
Lo smaltimento acque provenienti dallo scavo avverrà tramite vasca contenuta nella fresa, di 5 metri cubi, l’impianto verrà dimensionato per venute d’acqua localizzate con portata di 100 litri/secondo.

(Dalla relazione tecnica sul sistema di drenaggio delle gallerie) “La portata delle acque di falda provenienti dalle discenderie e dalla galleria di ventilazione è pari a 4645 litri secondo, dalla tabella seguente però si deduce che la portata al secondo sarebbe 464 litri al secondo che è comunque una quantità enorme: oltre 40.000 metri cubi al giorno!

Da altro calcolo reperibile nella stessa relazione a pagina 16 risulta inoltre che le portate stabilizzate di acque di falda da drenare secondo gli studi rappresenterebbero, escludendo le acque potabili e quelle accumulate lungo le discenderie, a 296 litri secondo sul lato di venaus e 1.878 sul lato francese a Saint Jean de Maurienne. Questo calcolo è riferito all’imbocco del tunnel di base, canna singola, a portate stabilizzate. Ovvero 130.440 litri al minuto, 7.826.400 litri all’ora, 187.833.600 litri d’acqua al giorno, ovvero 187.000 metri cubi giorno il che corrisponderebbe a oltre 68 milioni di metri cubi in un solo anno di perdita d’acqua, ed il dato come già evidenziato, secondo LTF escluderebbe l’acqua potabile e si considererebbe una sola delle due canne del Tunnel.

Dal progetto definitivo LTF, sez geologia B200002////02 si legge inoltre:

“Su un totale di 288 sorgenti localizzate da LTF in valle di Susa sui due versanti, quelle di cui si dispongono le misure di portata sono 99”, da un grafico risulta inoltre che solo circa la metà di queste sono acque potabili, e che moltissime di queste sarebbero a rischio a causa dei lavori in sotterraneo per il Tunnel di Base e quello di Bussoleno. Di qui i rischi di isterilimento delle sorgenti e di conseguenza di molti acquedotti.

La soluzione per LTF sarebbe in questo caso di “captare altre sorgenti”, l’eventuale soluzione dell’emergenza sarebbe la “fornitura tramite autobotti” ma neppure si può escludere “la distribuzione di acqua confezionata a favore delle frazioni più disagiate”.

Le soluzioni perenni e definitive consisterebbero invece nella realizzazione “dell’acquedotto di valle”… peccato che quelli di LTF forse non sanno che la diga di Rochemolles da cui ci si dovrebbe approvvigionare in questo caso, trae le sue risorse idriche dal ghiacciaio del Sommeiller che in questi ultimi anni, causa effetto serra si è sciolto.

Ok, aspetteremo che piova.

qui trovate un video registrato all'interno dell'impianto idroelettrico Pont ventoux
http://it.youtube.com/watch?v=_Orxy6JTj7I

giovedì 25 agosto 2011

La nuova Legge sui Parchi del Piemonte

Italia Nostra: «Offesa di una gloriosa storia di tutela»
 
di Maria Teresa Roli *
Il Piemonte, all'avanguardia tra le Regioni per dotazione di parchi e aree protette - 63 Aree protette istituite per legge per una superficie complessiva di 210.625 ettari gestiti da 35 Enti, 274 comuni interessati - rileva una grave ferita nella nuova Legge sui Parchi e aree protette - a modifica alla l.r. 29 giugno 2009, n. 19,"Testo unico sulla tutela delle aree naturali e della biodiversità"- approvata negli scorsi giorni dal Consiglio Regionale Piemonte. La legge è stata portata al voto senza audizioni preliminari con i soggetti portatori di interessi diffusi, tra cui le Associazioni Ambientaliste e le Associazioni degli agricoltori, peraltro marginalizzate anche nei Consigli degli Enti Parco.

Gli elementi più preoccupanti di questa legge - di cui alcuni già presenti e contestati da Italia Nostra nel DD.LL. della precedente Amministrazione Regionale - sono: - La riduzione di numero degli Enti di gestione e dei componenti il Consiglio, con la prevalenza degli esponenti di nomina delle Giunta Regionale ( due rappresentanti su cinque, compreso il presidente); - la subalternità dello strumento del Piano d'Area del Parco ai poteri della Giunta Regionale che potrà rapidamente modificarli in base alle istanze che provengono dal territorio e in specifico da chi intende apportare strutture per il turismo;- lo scorporo dai parchi delle "aree di salvaguardia" declassate in "aree contigue" in cui sarà possibile cacciare- se pur in base a piani di abbattimento- e più facilmente costruire.
E nel contempo - sotto la pressione del modello "liberista", che vede come prima vittima l'ambiente - si vanno configurando nuove manomissioni nelle zone più preziose e delicate dal punto di vista paesaggistico. Emblematici i casi di Crampiolo nel parco dell'Alpe Devero - posto unico nell'arco delle Alpi Europee, in cui fino ad oggi non è stato ammissibile alcun intervento se non manutentivo - in cui sta avanzando il progetto di un nuovo edificio (wellness, albergo), dopo lo scempio già perpetrato a Devero con il mega parcheggio. E, fresco di notizia, il progetto di interventi plurimi di parziale demolizione e recupero a fini alberghieri dei Forti del Col di Tenda, tranfrontalieri tra Italia e Francia, in fregio al parco della Alpi Marittime in Piemonte e del parco del Mercantour in Francia; ma con le vie di accesso sul nostro versante , il che fa presumere la messa a mano anche sulla viabilità.

Manifestando la nostra opposizione a tali interventi - nel merito delle quali ci riserviamo azioni legali - chiediamo ai nostri politici che non permettano questi scempi e che venga riconosciuto e valorizzato il ruolo delle Associazioni Ambientaliste - portatrici di interessi diffusi.

* Consigliere nazionale Italia Nostra, referente regionale sulla pianificazione territoriale

mercoledì 24 agosto 2011

Forum Tematico - Venaus-Bussoleno, 26-30 Agosto


Incontri e testimonianze di lotta e democrazia vissuta con la partecipazione dei movimenti europei, extraeuropei e della popolazione locale per conoscerci, discutere e imparare dalle esperienze altrui.
 
La pianificazione delle Grandi Opere Pubbliche in tutta Europa (e altrove) sembra seguire gli stessi schemi:
• Anziché servire la cittadinanza, queste opere sono finalizzate a servire precisi interessi politico/economici e a dare profitto ad un gruppo molto ristretto di entità finanziarie e industriali.

• I benefici promessi non sono che delle ipotesi

• La popolazione viene tenuta all’oscuro di dati importanti e non viene coinvolta nei processi decisionali.

• Dove si mobilita la protesta, questa viene ignorata, delegittimata, repressa o criminalizzata.

• I promotori delle opere, allo scopo di ottenere il consenso delle popolazioni residenti nei territori interessati che di fatto subiscono ingenti danni diretti, spesso promettono la realizzazione di opere accessorie dette compensazioni a carico dei costi della infrastruttura (ad esempio: strade, scuole, campi sportivi, ecc.).

• Le spese ingenti per i grandi progetti sono a carico dei cittadini e gli effetti collaterali negativi penalizzano le comunità locali, l’equilibrio sociale e l’ambiente.

Le seguenti ipotesi iniziali potrebbero essere lo spunto per la discussione:

• E’ meglio sostituire alle grandi opere tanti ‘piccoli’ interventi, ed interpellando democraticamente le comunità (cfr. Convenzione di Aarhus) per valutarne l’utilità ed indirizzando delle risorse pubbliche su essi.
Questo modo di pianificare le Opere Pubbliche porterà più benefici in termini di rafforzamento della democrazia, aumento dei posti di lavoro, sviluppo dell’imprenditorialità locale, rispetto per l’ambiente, utilità sociale e culturale.

• Il “bene comune” è un valore da difendere. Ed esso non può comunque prescindere dal benessere delle comunità locali. La rilocalizzazione di servizi, produzione e mercato (km 0, ecc.), proprio perché in controtendenza con la fallimentare globalizzazione in atto, è l’unica garanzia per dare alle prossime generazioni un futuro mondiale possibile.

• Per il bene dell’umanità e della natura è necessario abbandonare l’idea della crescita infinita (PIL, consumi, sprechi, ecc.) come valore autoreferenziale, ma bisogna finalmente capire che un ridimensionamento degli stili di vita non sia una resa, ma piuttosto una conquista arricchente e in definitiva una necessità.

• I movimenti locali che nascono spontaneamente dai territori hanno da tempo dimostrato come le loro rivendicazioni siano in stretta relazione con i problemi globali generati dalle politiche neoliberiste

Il Forum è uno spazio di discussione e confronto aperto alle Associazioni e comitati di cittadini che difendono il loro territorio e futuro minacciati dalla realizzazione di opere inutili e/o nocive nella consapevolezza che ambiente e salute non possono essere oggetto di mediazione e baratto.
Oggi le popolazioni che hanno deciso di prendere in mano il proprio futuro dimostrano, attraverso l’auto organizzazione e senza mediazioni, che vincere è possibile e che proprio da queste lotte può nascere la speranza di un mondo più giusto e migliore.

Questo primo appuntamento del Forum tematico intende circoscrivere e contenere questo “vasto tema” delle Grandi Opere Inutili in un contesto ben preciso: quello delle infrastrutture legate al trasporto, soprattutto ferroviario, delle merci e delle persone.
Difendere il proprio cortile significa iniziare a difendere quel grande cortile che si chiama Terra

PROGRAMMA

• 26/6/2011 - Arrivo dei Partecipanti
• 27.8.2011 - Nella prima giornata sarà data ampia possibilità alle varie realtà di presentarsi, spiegando le loro ragioni, raccontando la storia e la struttura del loro movimento, analizzando le forze avversarie ed esponendo le loro prospettive ed aspettative per il futuro. Si discuterà sulle effettive interconnessioni tra i vari comitati, ma anche su punti di vista non concordanti.
• 28.8.2011 - La seconda giornata dovrebbe essere dedicata al dibattito su concetti di vita e progettualità alternative, per dare una visione futura non solo alla lotta contro le opere inutili, ma anche a concetti propositivi. Si cercherà di fondare la base per una rete di solidarietà concreta tra i movimenti dei vari paesi. Si decideranno eventuali piattaforme di informazione/scambio idee e il calendario di futuri incontri e manifestazioni comuni.
• 29.8.2011 - Durante la terza giornata i partecipanti potranno conoscere meglio il territorio valsusino, con le sue criticità, ma soprattutto con le sue bellezze, i suoi luoghi di cultura e il suo paesaggio alpino. In un’atmosfera rilassata sarà più facile avvicinarsi individualmente e scambiarsi ulteriori idee.
• 30.8.2011 - Partenza dei Partecipanti. In alternativa può essere organizzata la visita di Torino o di qualsiasi altra città.
Siamo convinti che sia ora che – attraverso il confronto con altri movimenti e associazioni e guardando oltre le frontiere – si creino delle reti di resistenza che diano forza alle singole lotte e le unisca il più possibile.
Coscienti di avere tutti superato la fase del semplice NO della protesta, auspichiamo anche che si possano collegare i movimenti per la costruzione di alternative per un futuro possibile, vivibile e desiderabile.

Auspichiamo che questo incontro
• rafforzi l’esistente rete dei movimenti già esistenti,
• consenta una più ampia collaborazione effettiva, efficiente ed efficace tra movimenti lontani, ma uniti nelle idee fondamentali,
• possa fissare iniziative di lotta comuni e l’appuntamento per un altro Forum in uno dei paesi dei gruppi partecipanti.

Questo Forum intende raccogliere le esperienze:
• del Patto di Mutuo Soccorso che dal 2006 ha messo in rete le lotte di varie realtà italiane,    www.11-12-2010.eu/old_/Home/,
• della Carta di Hendaye che si è costituita a gennaio 2010 tra comitati italiani, francesi, baschi, per combattere insieme l’alta velocità ferroviaria sulle reti transeuropee TEN-T,    www.11-12-2010.eu/old_/Home/,
• della Giornata di protesta contro le grandi opere inutili e tutte le manifestazioni correlate svoltesi intorno all’11/12/2010 in Italia, Francia e Germania,    www.11-12-2010.eu/old_/Home/.

Il Forum contro le Grandi Opere Inutili è patrocinato dal Comune di Venaus e dalla Comunità Montana della Valle Susa e Val Sangone ed è una tappa del FSM 2011.

I costi generali sono sostenuti dal Movimento No TAV, eventuali contributi volontari saranno tuttavia graditi.
Le spese per il viaggio e il pernottamento in strutture alberghiere saranno a carico  dei partecipanti. Per l’ospitalità (strutture e vitto) messa a disposizione dal Movimento No TAV sarà chiesto un contributo.

* da:      www.11-12-2010.eu    e      http://www.notav.info.

venerdì 12 agosto 2011

Val di Susa, la Tav si accaparra solo incubi

La Grecia non insegna nulla ai fautori della TAV, i quali continuano a raccontar balle e a non rispondere alle domande di merito.

di Paolo Berdini *

L’accusa più falsa che viene veicolata dal gigantesco network in mano ai poteri forti, riguarda la “perdita” di 670 milioni di finanziamento europeo per realizzare la grande opera causata dalla cecità dei movimenti. Pochi giorni fa sul manifesto, Marco Revelli ha ribadito la verità: se si accetta di prendere il modesto finanziamento si perderanno i 20 miliardi di euro necessari a costruire una gigantesca e inutile grande opera.

20 miliardi di dollari è l’ammontare del debito contratto da Atene per coronare il grande sogno di perseguire la grande opera per eccellenza: le Olimpiadi che si svolsero nel 2004. Era il 1997 quando la capitale greca avanzò la candidatura e in breve tempo si creò il comitato d’affari necessario al raggiungimento del sogno. Grandi banche pronte a finanziare il debito, grandi imprese europee pronte a accaparrarsi i ghiotti appalti finanziati a debito con i soldi pubblici. Il fallimento economico dell’evento fu devastante. Le prime stime del 1997 parlavano solo di 1, 3 miliardi di dollari. Qualche anno dopo, il costo era quadruplicato, salendo a 5 miliardi. A consuntivo sono stati spesi 20 miliardi di euro. Alcuni economisti parlano di una voragine ancora maggiore. Dietro al sogno si nascondeva un incubo.

Le città -in quel caso la meravigliosa Atene- e i territori –in questo caso la val di Susa- sono diventati feudi di proprietà di un ristretto gruppo di istituti di credito, di grandi imprese, di società di rating pronte a seminare il panico sui mercati finanziari. Finanziano la spesa pubblica, se ne impadroniscono -guadagnando fiumi di denaro- e poi chiedono il conto all’intera società. In questi giorni sono stati concessi alla Grecia dall’Unione Europea 120 miliardi di euro di prestiti (il 20% circa serve per sanare il buco olimpico, dunque), e il motivo principale del prestito è che le banche europee rischiavano altrimenti di perdere parte del credito. Con la dilazione del credito riprenderanno i loro soldi e metteranno in vendita un’intera nazione.

La val di Susa sta dimostrando con studi concreti che il fallimento economico della realizzazione della Tav è certo. Non potranno esserci ritorni in termini di passeggeri perché il bacino d’utenza è oggettivamente ristretto. Non potranno esserci ritorni per il transito merci sia perché è dubbio che venga realizzata la linea ad alta capacità, sia perché in Svizzera sono già meglio attrezzati di noi. Nel caso dunque che l’opera andasse avanti per la cecità di chi ci governa e di un opposizione parlamentare culturalmente annientata, tra poco più di un decennio l’intero paese sarà costretto a pagare il debito che avremo contratto per finanziare le imprese e le banche che tengono in ostaggio il nostro ceto politico.

La battaglia della val di Susa assume dunque un valore straordinario. Azzerare l’opera significa risparmiare un fiume di soldi che potrà essere dislocato su altre poste di bilancio. Dal sostegno all’economie locali, ai progetti di messa in sicurezza del territorio e delle città, alla realizzazione dei servizi sociali che ancora mancano lì e in tante altre valli. Altre imprese beneficeranno dei finanziamenti oggi indirizzati solo a quelle poche che controllano il mondo dell’informazione. Un’altra agenda di lavoro, dunque: da un'unica inutile grande opera a tante piccole opere che nel loro insieme fanno un grande progetto di sviluppo. Il territorio come bene comune.

E di fronte a questa sfida, fa pena dover leggere il commento su quanto accade in val di Susa da parte del sindaco di Torino che ha affermato che essere contro la Tav è segno di “regressione culturale”. Parla per se stesso, ovviamente, e per coloro che ancora fanno finta di credere nella favola che le grandi opere portano sviluppo. Portano invece il mostruoso debito che oggi strozza la Grecia. Devono evidentemente nascondere quanto sta oggi avvenendo con spirito bipartisan. Quando Atene vinse la “sfida” olimpica che avrebbe contribuito al collasso economico del paese ellenico aveva di fronte la candidatura della Roma guidata dal centro sinistra. Non contento dello scampato pericolo, in questi ultimi due anni il sindaco Alemanno ha nuovamente candidato la città per le Olimpiadi del 2020 e maggioranza dell’opposizione capitolina rappresentata dal Pd non ha fatto battaglia. Anche ora che le intercettazioni telefoniche a carico di Bisignani e soci svela l’intreccio vergognoso degli interessi e delle speculazioni da parte di coloro che cantavano le lodi della candidatura, prima fra tutti l’Unione degli industriali laziale.

Evidentemente una parte della sinistra è ormai incapace di rompere la subalternità culturale con cui ha guardato alla globalizzazione e il futuro sta nell’intelligenza collettiva della val di Susa.

*da Il Manifesto 9 luglio 2011

giovedì 11 agosto 2011

Legge elettorale: perchè bisogna firmare il referendum per preferenze e proporzionale con soglia di sbarramento al 4%.

di Michele Pizzolato

Quattro sono i sistemi elettorali in campo, almeno quelli che usciti allo scoperto. Una breve sintesi e qualche valutazione.
1. La legge vigente: è la legge Calderoli. E' un sistema proporzionale a liste bloccate (non si possono esprimere preferenze) con un enorme premio di maggioranza. Al vincitore (coalizione o partito) viene assicurato il 55% dei parlamentari indipendentemente dalla percentuale effettiva. L'impossibilità di esprimere preferenze e un premio di maggioranza incredibile che espone anche la Costituzione ai capricci della maggioranza sono i difetti enormi di questa legge... di pregi non se ne vedono sinceramente ed è per questo che al 99% voteremo ancora con questa legge!
2. La proposta del PD, da qualcuno bollata come "ungherese". E' una proposta molto complessa: 70% maggioritario a doppio turno, 28% proporzionale circoscrizionale, 2% proporzionale puro (diritto di tribuna). E' una proposta molto complessa, che non garantisce maggioranze stabili, e che probabilmente non voterà mai nessun altro partito; è un tentativo di trovare un difficile equilibrio fra le anime dei PD che sono molte e distanti... alcune di queste sostengono altre proposte. Oltre alla complessità ricalca molto il mattarellum (vedi punto successivo) con l'aggiunta di un secondo turno che permetterebbe al PD di negoziare dopo l'alleanza con i centristi, senza esporti prima.
3. Il referendum per tornare al Mattarellum. Il mattarellum prevede che per il 75% un maggioritario a turno unico e per il 25% un proporzionale e soglia sbarramento al 4%. E' stato recentemente riproposto come referendum (da Di Pietro e alcuni liberal del PD). Ha un difetto: lo si conosce bene. E' già stato in vigore fra 1993 e 2005 ha prodotto 8 governi in 13 anni! Ci ricordiamo tutti bene della rapida successione Prodi - D'Alema I - D'Alema II - Amato... Come tutti i sistemi maggioritari pecca in rappresentatività, ma questo non garantisce nemmeno governabilità.
4. Un referendum per approvare un sistema che prevede preferenze e sistema proporzionale con soglia di sbarramento al 4%. E' un sistema che garantisce un ottimo equilibrio fra rappresentatività (proporzionale) e governabilità (soglia sbarramento al 4%). E' l'unico sistema che permette di eleggere un Parlamento e non lo subordina a differenza di tutti gli altri sistemi in campo al Governo. E' l'unico sistema che ci garantisce da colpi di mano alla Costituzione e ci fa stare tranquilli per la prossima elezione del Presidente della Repubblica. E' un referendum talmente bello che nè PDL nè PD lo sostengono è oggi retto solo da Comitati locali...
Diamo una chance al proporzionale, la democrazia o è rappresentativa o non è!
11 agosto 2011

Michele Pizzolato
FIRMA IL REFERENDUM PER ESPRIMERE PREFERENZE ED ABOLIRE IL MAGGIORITARIO PRIMA CAUSA DEI DISASTRI DEGLI ULTIMI 20 ANNI
mercoledì 22 giugno 2011 0.30
Pubblico la sintesi degli obiettivi del referendum tratta dal sito http://www.referendumleggeelettorale.it/
E’ necessario modificare al più presto l’attuale legge elettorale per portare rimedio ai gravi danni che essa provoca al nostro sistema politico.I suoi principali difetti: le liste bloccate, il premio di maggioranza, le deroghe alla soglia di sbarramento e l’obbligo di indicazione del candidato premier. Liste bloccate. Le liste bloccate privano gli elettori del diritto di scegliere i propri rappresentanti e ledono irrimediabilmente l’equilibrio tra i poteri. Un Parlamento di “nominati” non ha infatti alcun reale potere nei confronti del Governo e del Presidente del Consiglio. Il premio di maggioranza. Così esiste solo in Italia e ha effetti opposti a quelli auspicati. Attribuendo il 55% dei seggi alla lista che ottiene un voto più delle altre (anche se ha il 35% dei voti), questo meccanismo obbliga anche i partiti maggiori alla ricerche di qualsiasi voto utile. La conseguenza sono coalizioni sempre più ampie e inevitabilmente eterogenee. Nessuna stabilità del governo, anzi: frammentazione della maggioranza di governo e paralisi della sua attività.Soglia di sbarramento. L’attuale soglia di sbarramento al 2% per le liste collegate in coalizione è un ulteriore incentivo alla frammentazione. Mantenere una soglia unica al 4% garantisce la presenza alla Camera dei partiti più rappresentativi, “costringendo” le forze minori ad unioni reali (un unico simbolo, un’unica lista) senza scorciatoie come le coalizioni elettorali. Al Senato il sistema dei collegi consentirà nelle Regioni più grandi la rappresentanza anche di forze decisamente minori Indicazione del candidato premier. L’obbligo di indicare il candidato Capo del governo interferisce con le prerogative del Presidente della Repubblica che può e deve scegliere in assoluta autonomia. Inoltre tale meccanismo tende a trasformare il nostro sistema da parlamentare in semi-presidenziale senza i contrappesi dei sistemi presidenziali. Un positivo risultato dei referendum che proponiamo vedrebbe la Camera eletta con metodo proporzionale, senza premio di maggioranza e con una soglia di sbarramento al 4%. Gli eletti non sarebbero più nominati dai segretari partito ma scelti tra i candidati attraverso la preferenza unica.Il Senato verrebbe eletto su base regionale con metodo proporzionale, senza premio di maggiorana in collegi uninominali, con una soglia di sbarramento determinata dall’ampiezza delle Circoscrizioni. Il referendum abrogativo è per sua natura uno strumento imperfetto, ma spesso è necessario per superare la paralisi dei partiti ed aprire la via a decisioni del Parlamento, che resta ovviamente libero di integrare o modificare l’assetto risultante dal referendum (sui collegi uninominali, sul voto di preferenza, etc.).L’attuale legge elettorale rappresenta la peggiore di tutte le possibili soluzioni: ha aumentato la frammentazione; ha reintrodotto il trasformismo parlamentare; ha massimizzato il potere negoziale di piccole formazioni e notabili locali; grazie ad un abnorme premio di maggioranza mette a rischio tutte le istituzioni di garanzia che possono essere elette e controllate da maggioranze del 35%-40%.La via parlamentare resta la via maestra.Ma, poiché il Parlamento non ha saputo riformare la legge la legge elettorale, né è presumibile possa farlo nell’attuale situazione politica, il Comitato promotore ha deciso di depositare i quesiti in Cassazione dando concreto inizio all’iter referendario. Abrogare l’attuale legge è dunque non un ritorno al passato, ma un passo necessario a garantire l’equilibrio tra poteri e a preparare un più corretto funzionamento del nostro sistema politico-istituzionale.

sabato 6 agosto 2011

Perché non possiamo non dirci valsusini

di Marco Arturi*

Diciamo la verità: fino a qualche tempo fa se lo sarebbero aspettato in pochi.


Eppure, vedere lo spezzone No Tav aprire il corteo del decennale di Genova è stato l’approdo naturale di un cammino lungo e per nulla scontato. Quel che più conta è che si sia trattato del riconoscimento di una continuità: da Genova a Chiomonte passando per il buio degli anni Zero. Anche le parole di Heidi Giuliani (“Il G8 di Genova oggi è qui”), salita alla Maddalena a portare sostegno ai resistenti del campeggio No Tav hanno testimoniato la continuazione di quello spirito. Al di là delle simpatie e dell’iconografia dell’Asterix, del valligiano cazzuto che non si piega davanti alla potenza dell’impero, la valle ribelle ha conquistato i movimenti contaminandosi con le loro esperienze, che l’hanno fatta crescere e alle quali ha dato molto in cambio.

All’inizio, forse, erano matrimoni di convenienza: inutile far finta di non ricordare che i No Tav hanno cercato alleanze ovunque senza andare troppo per il sottile (qualcuno in valle è addirittura ancora deluso dall’atteggiamento della Lega), ma poi tra i valligiani e quella strana genia fatta di antagonisti, anarchici, metalmeccanici e ambientalisti è scattata una sintonia sulla quale avrebbero scommesso in pochi. Non è stato semplice, è stato necessario passare per lutti come quelli di Sole e Baleno e battaglie come quella di Venaus ma alla fine, mortificato dai poteri forti e stimolato dalla consapevolezza di queste realtà, il movimento No Tav si è trovato proiettato da una lotta di territorio e contro una grande opera a una battaglia generale sui diritti e sulla democrazia. Nel contempo, ha dato esempio di determinazione e partecipazione.

Così oggi a Chiomonte quella del treno è ormai solo una parte della battaglia. Tra quelle montagne si ripropongono, integri, molti dei temi di Genova e del movimento altermondialista: la difesa dei territori e dei beni comuni con la critica a un modello di sviluppo, la tutela della Costituzione e delle regole democratiche, l’antimilitarismo, la lotta alla repressione, la democrazia dal basso.

La protesta ha assunto le forme della creatività (in settimana a Chiomonte si sono registrati addirittura riti sabbatici officiati da streghe nella notte) e della disobbedienza e ha dovuto suo malgrado acquisire consapevolezza dei metodi repressivi, familiarizzando con i lacrimogeni al Cs (proibiti, utilizzati per la prima volta nei giorni del G8) lanciati ad altezza d’uomo e addirittura in mezzo alle tende del campeggio – un fotografo è tuttora ricoverato in ospedale con gravi fratture al volto – fino all’acqua sparata dagli idranti contro i musicisti che suonavano.

La Maddalena è una “zona rossa” militarizzata a tutti gli effetti, mentre il grosso dell’informazione, televisiva e non, continua a raccontare una realtà a dir poco distorta, a uso e consumo di quelli che comandano e di quelli che ci vogliono credere: dai giorni di Genova arrivano anche lo spauracchio black bloc e le distinzioni fatte con l’accetta tra manifestanti pacifici e violenti. Come da copione non mancano i tentativi di criminalizzazione, dalla notizia di un ex militante di Prima linea presente alle manifestazioni fino ai sospetti per l’incendio della stazione Tiburtina.

In questa vicenda il potere continua a riprodurre sé stesso come rappresentazione di interessi particolari smerciati come fossero interesse collettivo: il progetto deve andare avanti perché lo dice il buon senso, perché così avrebbe disposto un disegno supremo. Nessuno spazio per le molte evidenze tecniche e scientifiche, nessuna attenzione al rapporto costi – benefici e all’effettiva utilità dell’opera.

In compenso si continua a parlare di alta velocità mentre in realtà si tratta di alta capacità: trasporto merci, non persone. Ma intanto “Chi si oppone è un reazionario” (Sergio Chiamparino, giusto ieri), punto e basta. Nel frattempo a Chiomonte il ritmo delle giornate continua a essere scandito dal ritmo della “battitura” dei guardrail da parte dei manifestanti e da quello delle pale degli elicotteri della polizia che sorvolano la zona. Di tanto in tanto, il tonfo secco di un lacrimogeno. Da una parte delle cancellate, gli alpini della Taurinense reduci dall’Afghanistan; dall’altra le penne nere che contestano la partecipazione del loro corpo alla militarizzazione della zona.

Ormai è resistenza, questo assedio senza tregua al quale tutti prendono parte attivamente, ogni giorno più consapevoli. Il movimento No Tav è diventato questa cosa strada facendo, ma non c’è nulla di cui sorprendersi, è storia che si ripete.

Nel ’43 molti ragazzi scelsero di salire in montagna solo per sfuggire al bando Graziani che li richiamava nel “rinnovato esercito fascista”; poi la montagna insegnò loro che per essere liberi bisogna essere capaci di scegliere e che non si può sempre fare finta che tutto vada bene. Allora diventò una cosa diversa, proprio come oggi: chi aveva cominciato una lotta contro un treno si è sorpreso a gridare che un mondo diverso è possibile.

* da http://www.carta.org 27 luglio 2011

giovedì 4 agosto 2011

NO TAV: 3 agosto 2011

Comunicato Stampa: Oggi abbiamo toccato un nervo scoperto.

Questa mattina verso le 9.00 un gruppo di attivisti NO TAV si sono radunati armati di pentole, latte e mestoli sotto il Ninfa Hotel di Avigliana.
Questa truppa rumorosa si è schierata sul parcheggio di fronte all’albergo e ha iniziato il suo colorito concerto per ricordare agli agenti della digos e alla polizia che lì alloggia che non sono presenze gradite.
”La valle non vi vuole”, “No all’occupazione militare” recitavano gli slogan scanditi e gli striscioni.

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L'impressione è che "qualcuno" non abbia affatto gradito la manifestazione pacifica di sabato e tantomeno l'idea di occupare una piazza di Torino in stile indignados spagnoli e dunque in modo pacifico (una piazza occupata pacificamente a Torino poteva rappresentare un pericolosissimo luogo di informazione alla popolazione e questo, "qualcuno" non può permetterlo; ecco dunque che le forze dell'ordine applicano metodi che definire repressivi sarebbe poco: sono ancora in questura a Torino 16 dei Notav, che questa mattina hanno espresso il loro dissenso tramite la più classica delle "pentolate". I notav hanno anche subito perquisizioni nelle loro case (forse le ffoo cercavano i coperchi delle pentole?).

Non bastasse questo, alla Baita Clarea, 3 presidianti sono stati fermati e condotti all'interno del fortino dove si trovano tutt'ora."

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I fermati per l'iniziativa di Avigliana sono stati identificati, schedati e hanno ricevuto, come misura di Polizia, il foglio di Via che impedisce loro di circolare e sostare in alcuni comuni della valle. Pare che questa dell riscorso al foglio di via, misura ampiamente discrezionale a disposizione del Questore, sia l'ultima frontiera del contrasto al Movimento. Non può essere un caso. Evidentemente è una mossa che è stata studiata pensandola come efficace: intimidatoria quanto basta, riduce la possibilità di spostarsi liberamente per essere presenti alle varie iniziative, drammatizza ogni iniziativa del movimento facendola apparire come potenzialmete eversiva e pericolosa (è alle persone socialmente pericolose che solitamente si applica). Occorre riflettere sulle opportune misure di autotutela e sarebbe importante diffondere un parere legale autorevole sull'argomento.


* info: da www.notav.eu aggiornamenti delle ore 21-23 di mercoledì 3 agosto 2011